Buoni Pasto
25 Nov 2022
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I buoni pasto per ammistratori e soci: quali sono i vantaggi fiscali

I buoni pasto rientrano tra i servizi sostitutivi di mensa, ma spettano anche ad amministratori e soci? Scopriamolo in questo articolo.
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Studio tributario e-IUS – Tax&Legal
buoni pasto per amministratori e soci

La somministrazione dei pasti in un contesto lavorativo rientra tra i benefit più frequenti che il datore di lavoro, nell’ambito della governance aziendale, eroga ai propri dipendenti. In alcuni casi, il datore di lavoro decide unilateralmente di garantire un servizio di vitto, mentre in altri  è obbligato a provvedervi secondo quanto previsto dall’accordo collettivo o dal regolamento aziendale applicato.

Le somministrazioni di vitto possono avvenire, oltre che tramite le mense, per mezzo dei cosiddetti servizi sostituivi di mensa tramite i buoni pasto (D.M. n. 122/2017, cd. “Decreto buoni pasto”).
Per servizi sostitutivi di mensa, si intendono le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, che vengono effettuate dagli esercizi commerciali abilitati.

I buoni pasto, invece, sono quei documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, che attribuiscono al possessore il diritto al pasto. Possono essere riconosciuti non solo ai lavoratori dipendenti, ma anche a soggetti non titolari di un rapporto di lavoro subordinato.
Il Decreto buoni pasto stabilisce, infatti, che i beneficiari dei buoni pasto possono essere anche coloro i quali hanno istaurato un rapporto di collaborazione, non necessariamente subordinato, con il soggetto che corrisponde i titoli di legittimazione. Il buono pasto può inoltre essere assegnato anche ai lavoratori autonomi oltre che agli amministratori di un’azienda.
Concentriamoci in particolare su quest’ultimo punto.

I buoni pasto per gli amministratori

Il buono pasto può essere assegnato quindi anche agli amministratori. Per comprendere come vengono trattati, dal punto di vista fiscale, i buoni pasto attribuiti all’amministratore di una società, occorre prima comprendere quali regole applicare per determinare il reddito prodotto da tale soggetto.
L’amministratore di società ha il compito di dirigere e organizzare tutta l’attività dell’ente che gestisce, rendendosi responsabile delle proprie scelte nei confronti dello stesso. Per svolgere queste mansioni, l’amministratore ha diritto a quello che viene definito “compenso dell’amministratore”. 

Ma come viene tassato tale compenso?

La tassazione varia in base alla forma contrattuale prescelta per svolgere la carica di amministratore: collaborazione tipica e collaborazione professionale

Collaborazione tipica e buoni pasto

Nel caso in cui l’ufficio di amministratore venga inquadrato come una “collaborazione tipica”, il compenso è inquadrabile tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 50, comma 1, lett. c-bis), TUIR).

L’amministratore, cioè, non è legato alla società da un rapporto di lavoro subordinato, bensì da un rapporto di collaborazione, di solito continuativa. Per espressa previsione del legislatore, l’amministratore riceve un compenso che, sotto il profilo fiscale, rientra tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; lo stesso è, quindi, tassato in base alle regole dettate per i redditi di lavoro dipendente (art. 52 TUIR).

Pertanto, anche il regime fiscale dei buoni pasto riconosciuti dalla società all’amministratore suo “collaboratore” sarà – come per i lavoratori dipendenti – l’esenzione fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, nel caso di buoni pasto in forma cartacea, o di 8 euro nel caso di buoni pasto in forma elettronica (art. 51, comma 2, lett. c), TUIR).

Occorre, tuttavia, segnalare l’isolato orientamento dell’Agenzia delle Entrate (Risp. n. 10/2019) che ha affermato che l’amministratore di una società non potrebbe fruire del regime fiscale di favore previsto dalla disciplina sui redditi di lavoro dipendente (estendibile, come anticipato, al reddito dell’amministratore) per i beni e servizi welfare (art. 51, comma 2, TUIR). Questo poiché mancherebbe, a tal fine, il requisito della subordinazione-dipendenza e l’amministratore non sarebbe in alcun modo assimilabile al lavoratore subordinato alle dipendenze della società.

I beni welfare – inclusi i buoni pasto – erogati in favore dell’amministratore dovrebbero, secondo l’Agenzia, essere valorizzati in base al valore normale.

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Collaborazione professionale e buoni pasto

Diversa è l’ipotesi in cui l’attività di amministratore rientri nell’oggetto dell’attività professionale del soggetto che la svolge e sia, quindi, richiesto l’impiego di conoscenze tecnico-giuridiche direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo.

In questo caso, il compenso percepito dall’amministratore in possesso di partita IVA costituisce il corrispettivo della prestazione di servizi svolta e viene corrisposto a seguito dell’emissione di apposita fattura. Esso ricade nella categoria dei redditi di lavoro autonomo (artt. 53 e 54 TUIR).

Anche il trattamento fiscale dei buoni pasto segue le regole previste per la determinazione del reddito di lavoro autonomo. Se i buoni sono assegnati dalla società il relativo importo costituisce parte del compenso e deve essere indicato in fattura.

Cosa succede se il buono pasto è attribuito al socio?

I soci di una società sono coloro i quali, attraverso un negozio giuridico, decidono di costituire una società e detengono la proprietà del capitale sociale. Il socio ha diritto alla partecipazione agli utili della società.
Per identificare il regime fiscale degli utili attribuiti ai soci occorre distinguere in base alla natura dell’ente.

Nel caso delle società di persone, si applica il cosiddetto. “regime della trasparenza fiscale”: i redditi da esse prodotti sono imputati a ciascun socio indipendentemente dalla percezione e proporzionalmente alla corrispondente quota di partecipazione agli utili.
Il reddito imputato direttamente ai soci è qualificato come reddito d’impresa (art. 6, comma 3, TUIR), se conseguito da società di persone commerciali, ossia snc e sas, o in base alle altre categorie reddituali (art. 6 TUIR) se conseguito da società semplice.
Nel caso di società di capitali, invece, i dividendi distribuiti ai soci sono tassati quali redditi di capitale (art. 44 TUIR), fatta eccezione per gli utili conseguiti dai soci fondatori, che costituiscono redditi di lavoro autonomo (art. 53, comma 2, lett. d), TUIR, in questo caso vale quanto detto per gli amministratori con contratto di collaborazione professionale).

Fatta eccezione per quest’ultima ipotesi, quanto corrisposto dalla società al socio non costituisce – a differenza dell’amministratore – un “compenso”, ossia il corrispettivo di una specifica prestazione svolta.

Per quanto concerne, dunque, il socio assegnatario e il relativo reddito imponibile derivante dall’assegnazione, si evidenzia che, a seconda della fattispecie cui sia collegata l’assegnazione possono verificarsi situazione diverse in merito alla emersione o meno di reddito imponibile.

Se la società delibera, ad esempio, l’assegnazione del buono pasto a titolo di distribuzione di utili, il regime di tassazione del buono pasto sarà quello individuato dall’art. 47, comma 3, TUIR per gli utili in natura, assume cioè rilevanza il valore imponibile dell’utile in natura determinato in relazione al valore normale dello stesso.

Diversamente, il buono pasto può essere assegnato al socio a seguito di ripartizione di riserve o di fondi assimilati al capitale sociale; in tali ipotesi, l’assegnazione del buono pasto ha solo valore patrimoniale e, non producendo ricchezza, non risulta rilevante sul piano impositivo.

Alla stessa conclusione si giunge nel caso in ui l’assemblea deliberi di assegnare, per pura liberalità, i buoni pasto ai soci.

Anche in questo caso, lo spirito meramente donativo conferisce matrice erogativa all’assegnazione del buono pasto, che è pertanto fiscalmente irrilevante. Dobbiamo comunque precisare che la natura dell’assegnazione, così come individuata dalla delibera assembleare, può non assumere alcuna rilevanza nel caso in cui operi la cosiddetta presunzione legale di distribuzione degli utili, prevista dall’art. 47, comma 1, TUIR. In particolare, qualora la delibera preveda, per esempio, l’attribuzione ai soci di riserve di capitale (fiscalmente irrilevanti), la presenza di riserve di utili disponibili comporterebbe automaticamente la riqualificazione in utili della distribuzione ai soci, tassabili in capo a questi ultimi.

In quest’ultima ipotesi, dunque, i buoni pasto, a prescindere dalla causa sottesa alla loro erogazione, così come individuata dalla delibera assembleare, concorrerebbero alla formazione del reddito del socio ai sensi dell’art. 47, comma 3, TUIR.

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