Welfare aziendale
24 Lug 2022
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Welfare e previdenza complementare: i vantaggi del giusto mix

Quali sono le agevolazioni e i vantaggi per i dipendenti che versano ai fondi di previdenza complementare il premio di produttività? E come funzionano questi versamenti volontari? Scopri di più nell’articolo
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Redazione
welfare aziendale e previdenza complementare

Le prospettive previdenziali degli italiani non sono più rosee come un tempo. Ecco perché combinare welfare aziendale e previdenza complementare è una delle scelte più lungimiranti che un dipendente possa fare.

Da un lato, infatti, la soglia dell’età di ritiro dal lavoro per la pensione di anzianità è di 67 anni e potrebbe salire ancora nel caso che l’aspettativa di vita della popolazione italiana continui ad aumentare. Dall’altro, il passaggio dal metodo di calcolo da retributivo a contributivo, in vigore fin dal 1995, ma applicato integralmente soltanto per chi allora aveva versato meno di 18 anni di contributi, promette assegni molto meno generosi a chi andrà in pensione nei prossimi anni.

I governi hanno incentivato molto il sistema della previdenza complementare proprio per aiutare i dipendenti a garantirsi una maggiore serenità per la loro vecchiaia.

Per loro dunque non c’è solo la possibilità di destinare il proprio Tfr a un fondo di previdenza complementare, ma anche quella di aggiungere periodicamente altra liquidità per aumentare il proprio “salvadanaio” per il futuro.

Vediamo di cosa si tratta.

Chi può aderire alla previdenza complementare

La prima domanda da porsi è proprio questa: chi può aderire alla previdenza complementare? La risposta è che possono farlo sostanzialmente tutti.

Vale a dire lavoratori dipendenti del settore privato così come lavoratori dipendenti del pubblico. Ma anche lavoratori autonomi, liberi professionisti, chi ha un contratto atipico (per esempio con collaborazione occasionale o a chiamata) e anche chi in questo momento è in disoccupazione o alla ricerca di un’occupazione. Così come chi è un soggetto fiscalmente a carico, come i coniugi o i figli del lavoratore. 

A ogni modo, a differenza della previdenza obbligatoria, l’adesione alla previdenza complementare è libera e volontaria.

Welfare aziendale e versamenti previdenziali

La previdenza è dunque uno degli ambiti del welfare aziendale che può godere della completa detassazione e decontribuzione.

Con accordi sindacali nell’ambito della contrattazione di secondo livello si può introdurre la possibilità, per i dipendenti, di destinare una parte della retribuzione – per esempio il premio di produzione, o quote garantite dal contratto integrativo – in forma di versamenti ai fondi di previdenza complementare, sfruttando l’esenzione totale prevista per il welfare.

Questo significa che un dipendente potrebbe scegliere di versare al suo fondo di previdenza complementare l’intero ammontare di un premio di produttività che vale 3.000 euro annui.

L’intera cifra sarebbe versata al fondo senza bisogno di pagare l’Irpef (che per i premi di produttività ha una tassazione agevolata al 10%) né i contributi previdenziali (la quota del dipendente è normalmente del 9,19%).

 
 

L’azienda può anche autonomamente scegliere di offrire ai dipendenti un benefit previdenziale, fatto di versamenti al fondo di previdenza complementare, nell’ambito di un piano di welfare aziendale.

Anche in questo caso le cifre erogate ai dipendenti sotto forma di versamenti al fondo pensione non andrebbero a incrementare l’imponibile Irpef né quello contributivo.

Agevolazioni e vantaggi per i dipendenti

Le agevolazioni previste per il welfare aziendale sui versamenti ai fondi di previdenza complementare non escludono quelle già previste per i versamenti che il dipendente indirizza in autonomia verso il suo fondo pensione.

La legge stabilisce che sono deducibili dal reddito da lavoro dipendente i contributi versati a forme di previdenza complementare fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno.

Questo comporta, per chi versa al fondo il massimo dell’ammontare deducibile, un potenziale risparmio sull’Irpef dovuta sul reddito complessivo che varia, a secondo della fascia di reddito del dipendente, da un minimo di 1.188 euro a un massimo di 2.221 euro.

Ulteriori agevolazioni sono previste nel caso in cui il versamento al fondo previdenziale derivi dalla conversione delle somme del premio di produttività, come nell’esempio sopra.

Cosa significa? Che un dipendente può versare al fondo volontariamente 5.164,57 euro per sfruttare al massimo la deducibilità prevista e scegliere allo stesso tempo di destinare alla previdenza complementare anche una parte del premio di risultato che ha deciso di convertire in welfare, per esempio 2mila euro.

In questo modo, su un versamento totale di oltre 7mila euro al fondo pensione, per un dipendente che ha un reddito compreso tra i 28 mila e i 55 mila euro lordi annui, la spesa effettiva al netto della deduzione è di “soli” 3.203 euro.

Ai 3.203 euro di versamenti volontari si aggiungono infatti:

  • 1.961 euro indirettamente a carico dello Stato grazie alla deducibilità dell’Irpef;
  • 2.000 euro di retribuzione esentasse in quanto inclusa in un piano di welfare aziendale.

Tutto questo si traduce in un significativo miglioramento delle prospettive di reddito del dipendente una volta che si ritirerà dal lavoro.