Welfare aziendale
28 Lug 2022
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Fondi pensione: quali sono le agevolazioni per la previdenza complementare

I versamenti destinati alla previdenza complementare prevedono agevolazioni fiscali. Ecco perché queste forme pensionistiche sono vantaggiose per aziende e dipendenti.
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Nell’ambito del welfare aziendale, la previdenza può giocare un ruolo importante. La previdenza complementare è infatti considerata da sempre più dipendenti un solido appoggio economico per avere più sicurezza quando si ritireranno dal lavoro. Ecco perché è importante sapere cosa sono e come funzionano i fondi pensione e le agevolazioni

Questo, soprattutto considerando lo scenario pensionistico incerto, tra l’innalzamento dell’età pensionabile causato da un’aspettativa di vita migliore e assegni meno generosi per effetto dell’attuale metodo di calcolo contributivo. 

L’adesione ai fondi pensione è inoltre incentivata anche dalle agevolazioni fiscali previste sia per l’azienda sia per il dipendente. Vediamo di cosa si tratta.

Cosa sono i fondi pensione e come funzionano

I fondi pensione sono uno strumento di risparmio con delle peculiarità specifiche e sono stati creati con il D. Lgs 124 del 1993 e modificati dal D. Lgs 252 del 2005. Si tratta di una modalità per integrare la pensione pubblica che viene pagata dall’Inps o da altro ente previdenziale cui si può essere iscritti. 

Ciò che viene accantonato nel fondo con versamenti periodici – riguardo ai quali è il titolare del fondo a decidere – viene investito dalle società di gestione in azioni, obbligazioni e titoli di Stato. Il che porta a maturare degli interessi e a far sì che, al momento della pensione, chi ha aderito al fondo abbia una rendita che possa integrare l’assegno previsto.
C’è anche la possibilità, in alcuni casi, di ottenere invece un capitale unico da utilizzare quando si è chiusa l’attività lavorativa come meglio si crede. 

A poter usufruire dei fondi pensione sono tutti i cittadini che lo fanno in maniera del tutto volontaria. Per tutti si intende proprio tutti: anche chi non ha un lavoro o è stato licenziato può aderire a un fondo pensione così come i lavoratori atipici, i liberi professionisti e così via. Certo, c’è differenza tra l’aderire a un fondo pensione a 25 anni o farlo a 50 anni e infatti l’orizzonte temporale può influire sulla scelta del tipo di fondo da sottoscrivere.

Esistono diverse tipologie di fondi:

  • fondi chiusi (art. 3 del D.lgs. 252/2005) di origine “negoziale”: sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale;
  • fondi aperti (art. 12 del D.lgs. 252/2005): sono forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazioni, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM).
  • piani pensionistici individuali (PIP) (art. 13 del D.Lgs. 252/2005): rappresentano i contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziale.

Fondi pensioni e agevolazioni per le aziende

La fiscalità delle forme previdenziali integrative o complementari è complessa, ma allo stesso tempo poggia su alcuni pilastri piuttosto semplici. 

Tra questi c’è il fatto che i contributi vengono versati alle forme pensionistiche da parte dell’azienda o comunque del datore di lavoro. Un versamento che è obbligatorio sia per quanto riguarda i fondi pensione chiusi che i fondi pensione aperti qualora il lavoratore contribuisca a sua volta con versamenti propri e comunque secondo quanto previsto dagli accordi collettivi.

Il Ministero del Lavoro ha chiarito infatti che, in caso di adesione del dipendente al fondo, sono tenuti a versare la quota a loro carico i datori di lavoro che, pur non iscritti all’organizzazione stipulante, applichino il contratto collettivo (CCNL) istitutivo del fondo a cui il dipendente è iscritto. 

Risparmi e agevolazioni per i dipendenti

Oltre che per le aziende, ovviamente gli incentivi e le agevolazioni fiscali sono previsti pure per i dipendenti. Questi ultimi possono portare in deduzione annualmente dal reddito complessivo un importo massimo di 5.164,57 euro.

Il dipendente ha quindi il beneficio della deducibilità fiscale dei contributi volontari versati alla propria posizione fino a 5.164,57 euro annui. 
Inoltre, al momento della richiesta della prestazione finale viene applicata un’aliquota agevolata, trattenuta dal fondo pensione, che va dal 15% fino al 9% sulla base degli anni di partecipazione al fondo pensione.

Ciò significa che anche la somma della quota a carico del dipendente può essere dedotta dalla base imponibile che di fatto si riduce. 

La cifra effettiva che viene restituita al dipendente cambia in base all’aliquota applicata al reddito, ovvero il cosiddetto scaglione Irpef. Le aliquote a seguito della riforma Irpef sono: del 23% (fino a 15.000 euro), del 25% (oltre 15.000 e fino a 28.000 euro), del 35% (oltre 28.000 e fino a 55.000 euro), del 43% (oltre 50.000).

Facciamo un esempio concreto: se oggi un dipendente percepisce un reddito annuo imponibile di 32.000 euro e versa 3.000 euro all’anno in un fondo pensione complementare, questa somma è interamente deducibile.

Se un dipendente versa ulteriori contributi nell’ambito del welfare aziendale derivanti da premi di risultato convertibili, bisogna considerare la quota massima convertibile del premio che è di 3000 euro. Partendo da questo, il tetto massimo previsto di deducibilità è di 8164,57 euro laddove il dipendente decida di versare tutto il suo premio di 3000 euro convertito in welfare nel fondo di previdenza complementare.

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Altri casi di agevolazioni

Esistono poi alcune regole particolari. È possibile, per esempio, dedurre anche i versamenti effettuati a favore di un familiare fiscalmente a carico.

Per chi ha iniziato a lavorare dopo l’1 gennaio 2007, inoltre, c’è un’agevolazione specifica. Se nei primi 5 anni di contribuzione sono stati dedotti meno di 5.164,57 euro all’anno (cioè il tetto massimo consentito) dal sesto al venticinquesimo anno è possibile superare la soglia massima di deducibilità consentita arrivando a € 7.746,86 all’anno (2.582,29 euro in più) fino a quando non si sarà recuperata la quota non dedotta nei primi cinque anni.

Infine, un’altra norma ad hoc riguarda coloro che hanno maturato il diritto alla pensione pubblica e sono iscritti da almeno 5 anni a una forma pensionistica, che possono scegliere di richiedere la pensione integrativa o continuare a versare. In caso di opzione 2, si possono continuare a dedurre fino a 5.164,57 euro all’anno.