Welfare aziendale
29 Gen 2024
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Normativa sul welfare aziendale: tutto quello che devi sapere

A definire il welfare aziendale sono articoli del TUIR come il 51, il 12 e il 100 oltre a diverse leggi di stabilità. Ecco qual è la normativa che regola voucher, premi di risultato e altro.
Autore
Redazione
normativa welfare aziendale

Il Testo unico delle imposte sui redditi, il cosiddetto TUIR, entrato in vigore nel 1986, rappresenta ancora oggi il principale punto di riferimento per la normativa sugli strumenti di welfare aziendale.
Vediamo in questo articolo tutto quello che devi sapere, come azienda, per dare vita a un piano di welfare.

Il TUIR e il welfare aziendale

Sono due, in particolare, le sezioni del TUIR che fissano le regole per il sostegno delle aziende ai loro dipendenti. La prima è il Capo IV, dove gli articoli 49, 50, 51 e 52 danno l’inquadramento normativo del reddito da lavoro dipendente. 

La seconda è l’articolo 100, che definisce il reddito delle imprese.

La legge di Stabilità 2016 ha modificato il TUIR dando un’ulteriore spinta ai piani di sostegno ai dipendenti delle aziende italiane introducendo, per esempio, la possibilità di erogare il welfare, quindi beni, prestazioni, opere e servizi, ai dipendenti tramite i voucher. Vale a dire documenti di legittimazione (cartacei sia elettronici).

Vediamo tutto ancora più in dettaglio.

L'erogazione tramite voucher previsto dall’art. 51 del Tuir

Al comma 3-bis dell’articolo 51 del TUIR si introduce, dunque, la fruizione tramite voucher che “devono dare diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale”. 

I voucher possono essere utilizzati per diverse categorie di beni/servizi. Se utilizzati come fringe benefit, per esempio per l’acquisto di generi alimentari, benzina o altri beni, sono assoggettati ad un limite che, nel 2023, è tornato ad essere 258,23 euro. 

Per il 2024, la Legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (conosciuta come Legge di Bilancio 2024) ha previsto l’innalzamento della soglia di defiscalizzazione relativa ai fringe benefit: fino a 2000 euro per chi ha figli a carico (compresi quelli nati fuori dal matrimonio e riconosciuti, i figli adottivi e affidati secondo le condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del TUIR), mentre per i dipendenti che non hanno figli il tetto è di 1000 euro.

Da sapere: in caso di superamento dell’importo, l’intera somma verrà assoggettata a tassazione ordinaria

Nel caso dei flexible benefit, la prestazione rappresentata dal voucher, è fruibile presso una delle strutture convenzionate, per viaggi, abbonamenti in palestra, prestazioni sanitarie e molto altro, senza un tetto massimo per il dipendente (il limite è rappresentato dal credito welfare che ha a disposizione).

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L’articolo 12 del Tuir

Secondo l’articolo 51 comma 2 lett. f) del TUIR, i benefit possono essere concessi non solo ai dipendenti ma anche ai loro familiari. Per familiari s’intendono il coniuge non legalmente ed effettivamente separato,  i figli, compresi quelli adottati o affidati, ma anche genitori, suoceri e fratelli e sorelle.

L’introduzione delle lettere f-bis e f-ter, ad opera della legge di Stabilità 2016, ha introdotto altre importanti novità. 

In entrambi i casi il soggetto che usufruisce della prestazione è il familiare del dipendente La lettera fbis) parla di “servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”. 

La lettera fter) riguarda invece i “servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti”.

Le opere e i servizi possono essere erogati e messi a disposizione dei dipendenti in modo diretto da parte del datore di lavoro oppure ricorrendo a strutture terze

Questo a condizione che il dipendente non sia coinvolto e resti estraneo al rapporto economico che intercorre tra l’azienda e l’erogatore del servizio.

Premi di risultato e TUIR

Un discorso a parte meritano i premi di risultato, ossia quei premi previsti in base al raggiungimento di determinati obiettivi. È stata la Legge di Stabilità 2016 a far sì che i PDR (acronimo di premio di risultato) erogati dall’azienda siano soggetti a un’aliquota sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%.  Si precisa che, come accaduto nel 2023, anche nel 2024 la Legge di Bilancio ha previsto la riduzione al 5% dell’aliquota sostitutiva dell’IRPEF.

La medesima legge prevede, inoltre, che il premio di risultato possa essere convertito in beni e servizi di welfare – quelli previsti dall’art. 51 e dall’art. 100 del TUIR – purché ci siano alcune condizioni e così essere al 100% esentasse.

Ecco quali: 

  • L’importo del premio è detassabile fino a 3.000 euro;
  • Il reddito del dipendente deve essere inferiore a 80.000 euro nell’anno precedente a quello di erogazione;
  • i parametri attraverso cui viene definita l’erogazione del premio di risultato devono individuare miglioramenti di produttività, redditività, qualità, efficienza o innovazione rispetto a un periodo precedente;
  • il premio deve essere istituito attraverso la contrattazione aziendale di secondo livello.

I redditi delle società e l’articolo 100

Per quanto riguarda i redditi delle società, il comma 1 dell’articolo 100 del Tuir, cui fa riferimento la normativa sul welfare, mette un paletto.

Prevede che per l’impresa siano deducibili fino al 5 per mille (lo 0,5%) dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente “le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto”. 

Dal momento che la legge fissa il limite del 5 per mille ai soli servizi “volontariamente sostenuti” dall’impresa, in realtà l’azienda ha diritto alla integrale deducibilità se quelle opere o servizi sono offerti nell’ambito di un accordo vincolante per l’impresa stessa.
Come, per esempio, nel caso di un’
intesa sindacale o un regolamento unilaterale che non permetta la revoca discrezionale dell’impegno preso al datore di lavoro.

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