Si riesce a orientare il comportamento delle persone e indirizzare le loro scelte senza maniere forti o insistenze? Sì, secondo la teoria della spinta gentile, o teoria dei nudge, nata in economia comportamentale e portata avanti poi anche in altri ambiti.
Tra questi, c’è anche il marketing, che usa la spinta gentile per esempio per aumentare le vendite e fidelizzare i clienti. Capiamo meglio di cosa si tratta.
Cos’è la spinta gentile e a cosa serve
Secondo la teoria dei nudge le persone prendono decisioni in base al contesto in cui si trovano. Per questo, detta al contrario, è possibile sfruttare la forza del nudge, che in italiano si traduce con spinta gentile, e letteralmente significa proprio “piccolo colpo”, per accompagnare un comportamento o una scelta.
Non si tratta di un’imposizione, ma piuttosto di un’indicazione che, se ben architettata, influenza le persone senza che se ne accorgano.
Per dirla con qualche esempio, sono nudge le frecce che all’aeroporto indicano la fila per il check-in o le simpatiche mosche dipinte negli orinatoi pubblici maschili dell’aeroporto di Amsterdam-Schiphol, messe lì per aiutare a “fare centro” senza dire una parola, a tutto vantaggio di igiene e pulizia. Sì, perché come possiamo capire da questi famosi esempi, il primo obiettivo del nudging è quello di orientare le persone verso comportamenti virtuosi e di interesse comune.
Non per nulla, questo metodo è lo stesso che si applica per cause nobili, come la donazione degli organi. In alcuni Paesi, secondo il principio del consenso-assenso, non serve esprimersi a favore per diventare donatori, ma semmai il contrario.
È così per esempio in Olanda, Belgio, Austria, Svezia, Portogallo, Francia e Spagna, dove le donazioni di organi sono di più che in altri Paesi. E anche in Italia, la possibilità di esprimere una scelta al momento del rinnovo della carta d’identità ha portato molti più donatori, persone che al momento di dire sì o no non se la sono sentita di rifiutare. Si sarebbero mossi a favore di spontanea volontà?
Probabilmente no, perché l’essere umano cerca di fare meno fatica possibile soprattutto se si tratta di prendere una decisione. E nel farlo, sono sempre in agguato i cosiddetti bias cognitivi, quegli errori di valutazione che entrano in gioco al momento della scelta.
Il nudging, o spinta gentile, sfrutta la propensione dell’individuo ai bias cognitivi nel prendere decisioni rapidamente. Questi errori cognitivi inconsapevoli possono essere usati per orientare le persone verso la scelta più conveniente per sé e per la comunità.
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A spiegare questo e altro furono nel 2008 l’economista Richard H. Thaler (che vinse il premio Nobel nel 2017 per il suo contributo all’economia comportamentale) e Cass R. Sunstein, professore in Legge alla Harvard Law School nel best seller “Nudge – La spinta gentile”.
E lo spiega bene anche Sille Krukow in uno speech per TedX Copenaghen. L’esperta di behavioral design parla di come i meccanismi che portano gli individui a un cambiamento comportamentale positivo si basano su risposte cognitive involontarie e non su ragionamenti razionali.
Il TedX è di qualche anno fa, ma ancora attuale e ha raccolto più di 11mila visualizzazioni.
Si passa, dunque dalla teoria comportamentale al marketing che appunto utilizza allo stesso modo questi gap cognitivi automatici per indirizzare i consumatori in maniera delicata, senza strategie aggressive e comunicare con loro. Vediamo come.
Nudge marketing: la spinta gentile che aumenta le vendite
Non dire, ma mostrare: si può riassumere così l’applicazione della spinta gentile nel marketing, soprattutto se si guarda quello che per alcuni è l’antesignano del nudge marketing, ossia la pubblicità che Alka Seltzer ideò negli anni ‘60. Con l’obiettivo di aumentare le vendite delle pastiglie effervescenti anti-acido e lo slogan “Plop Plop Fizz Fizz”, la pubblicità mostrava un bicchiere con due pasticche al posto di una, suggerendo implicitamente che quella era la quantità da utilizzare. Va da sé che le vendite raddoppiarono perché le persone erano portate a consumare due pasticche alla volta.
Secondo l’agenzia di sondaggi statunitense Gallup, le aziende che applicano i principi dell’economia comportamentale superano le loro concorrenti dell’85% in termini di crescita delle vendite e di oltre il 25% in termini di margine lordo.
Esempi più attuali di nudge marketing sono anche le frecce verdi che nei supermercati portano al reparto frutta e verdura, più efficaci di quello che sarebbe un cartello che dice “Compra frutta e verdura”.
Così come l’etichetta che nel digital marketing indica che “sono rimaste solo 3 stanze” mentre un utente sta valutando la prenotazione di una camera d’hotel. Come si intuisce, il significato dell’incoraggiamento in questo caso è un’esortazione benevola a non lasciarsi sfuggire la camera.
Il nudge marketing fa leva dunque su quella che viene chiamata l’architettura delle scelte per orientare il comportamento dei consumatori.
Se il modo in cui si presentano le cose può fare la differenza, il nudge marketing sfrutta i bias cognitivi, l’irrazionalità, la poca attenzione e anche la propensione a non fare fatica.
Esempi di nudge marketing
Ecco qualche esempio di applicazione di questo principio:
- offrire poche opzioni di scelta: se l’utente deve scegliere tra tante possibilità sarà più facile per lui andare in confusione e abbandonare;
- puntare sull’automatismo: il rinnovo automatico è la scelta che richiede meno sforzo;
- puntare sull’effetto gregge: le persone sono propense a compiere scelte già fatte da altri;
- puntare sulla scarsità: spingere sulla FOMO (fear of missing out) cioè la paura degli utenti di perdersi qualcosa.
Utilizzi pratici di questi esempi si vedono anche negli e-commerce. Per esempio, gioca sul principio della scarsità il countdown innescato per completare l’acquisto nel momento in cui si inserisce un prodotto nel carrello, così come le recensioni funzionano perché le persone sono influenzate dalle scelte altrui.
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La gentilezza nel marketing
Spingere gentilmente i clienti verso un’azione non significa ingannarli o manipolarli.
Consumatori sempre più consapevoli e in cerca di brand che meritano la loro fiducia sono anche consumatori più attenti ai comportamenti delle aziende. Di questo si deve tenere conto anche quando si scelgono strategie di nudge marketing.
Riprendendo il concetto di scarsità, ovvero sulla paura dell’utente di perdere per un soffio ciò di cui è in cerca, l’etichetta “solo 3 stanze rimaste”, può essere efficace.
Ma meccanismi di questo tipo sono ormai piuttosto noti e non tutti i possibili clienti ne subiscono l’effetto. Sì, portano a qualche prenotazione in più, ma potrebbero lasciare il tempo che trovano se non inseriti in strategie di più ampio respiro.
In questo contesto può essere utile accennare al concetto più ampio di marketing gentile, ancora più significativo in questo periodo in cui le persone sono più attratte dai brand per i valori che rappresentano e piuttosto infastidite da campagne marketing aggressive.
Puntare sul marketing gentile significa anche lavorare sulla brand awareness per creare un dialogo con i clienti, dimostrare di comprenderne i bisogni e approcciarli in modo discreto, con una storia da raccontare che sa farsi riconoscere.
La spinta gentile nelle campagne fedeltà e nel rewarding
È possibile aiutare tutto ciò anche con modalità di ingaggio non scontate, che includono anche programmi di fedeltà attraenti e considerano gusti e comportamenti dei clienti.
L’importante è puntare su strategie strutturate e di più lungo termine, anche con un’offerta di rewarding orientata all’utente e alla costruzione del trust. Per esempio facendosi aiutare in tutto questo da premi capaci di soddisfare i clienti.
Vanno incontro a queste esigenze buoni acquisto come Edenred Shopping, già apprezzati per la loro flessibilità e trasversalità da un’audience sempre più ampia.
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