Welfare aziendale
15 Nov 2023
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Welfare state: cos’è, quando nasce, caratteristiche peculiari

Cosa si intende per welfare state e come si è arrivati allo stato sociale che conosciamo oggi? Quali sono gli strumenti di cui si avvale? E in Italia qual è il rapporto tra welfare pubblico e welfare privato? Lo scopriamo in questo articolo.
Autore
Cristina Maccarrone
welfare state

Cos’è il welfare state e cosa intendiamo quando in Italia ci rifacciamo a queste due parole di chiara origine anglosassone? 

Lo scopriamo in questo articolo in cui iniziamo con il dare una definizione di welfare state, per poi analizzare in cosa consiste, accennare alla sua storia e alle sue peculiarità e comprendere qual è, in tutto questo, il ruolo del welfare aziendale oggi.

Cos’è il welfare state

Il significato delle due parole “welfare state” fa riferimento, come ricorda l’enciclopedia Treccani, a un complesso di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene in un’economia di mercato per garantire l’assistenza e il benessere (welfare per l’appunto) dei cittadini, intervenendo così sulla distribuzione dei redditi causata dalle forze del mercato stesso. 

Si tratta dunque di un modello di organizzazione politico-sociale che ha come obiettivo quello di assicurare una serie di servizi e prestazioni che, oltre al benessere, favoriscano la sicurezza economica e la giustizia all’interno della società. 

Secondo lo storico Asa Briggs, il welfare state ha fondamentalmente 3 obiettivi:

  • garantire un tenore di vita minimo ai suoi cittadini;
  • dare sicurezza alle persone in presenza di eventi naturali ed economici sfavorevoli;
  • permettere ai cittadini di poter usufruire di servizi fondamentali come la sanità, l’istruzione, l’assistenza sociale e le pensioni.

Possiamo quindi dire che si basa su principi di solidarietà e redistribuzione delle risorse, con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze e fornire opportunità equamente distribuite ai membri della comunità, e questo indipendentemente dal loro status economico e sociale. 

Allo stesso tempo, è importante sottolineare che, sebbene si possano riconoscere delle caratteristiche peculiari del welfare state, come in parte abbiamo visto, non è possibile dare una definizione univoca da adattare a ogni Stato. Questo perché tutte le politiche di welfare sono da inserire e considerare in un determinato contesto economico e sociale che, ovviamente, differisce da Stato a Stato. 

In generale, però, possiamo dire che lo stato sociale oggi interviene in materia di istruzione, sanità, vecchiaia, infortuni, malattia e maternità.

Quando nasce il welfare state

Quanto alla storia del welfare state, i primi segni precursori si possono individuare nell’applicazione delle Poor Law nell’Inghilterra del XVI secolo: rappresentano, infatti, una forma in nuce di assistenza sociale sebbene piuttosto residuale e occasionale. È, invece, nell’ultimo trentennio del XIX secolo che si assiste a una prima fase di protezione sociale e di sperimentazione con cui si prova a standardizzare e pianificare le risorse per affrontare problemi economici e sociali all’insegna della libertà, uguaglianza e sicurezza. 

Le prime forme di assicurazione sociale sono quindi introdotte in Germania sotto Bismarck e poi adottate in altri Stati: riguardano essenzialmente il lavoro, la malattia, la vecchiaia e anche la disoccupazione. 

All’inizio del ventesimo secolo, in Gran Bretagna, all’interno del socialismo cooperativista e della Fabian Society, comincia a delinearsi il ruolo del welfare come preoccupazione, assistenza e attenzione al benessere dei lavoratori. Ma è alla fine degli anni ‘30 del secolo scorso che il welfare esce dai luoghi di produzione e inizia a riguardare la vita sociale ed economica dell’intera nazione. 

Da lì in poi si può parlare di welfare state, termine che sembra essere stato coniato dallo storico Alfred Zimmern ma usato per la prima volta da William Temple, predicatore e insegnante. Temple applicò infatti l’espressione di welfare state al modello esistente nel report redatto da William Henry Beveridge nel 1942, il cosiddetto “Rapporto Beveridge”, in cui parlava di sicurezza sociale e servizi correlati. Secondo Beveridge compito dello Stato è proteggere i suoi cittadini e cittadine from cradle to grave (ossia dalla nascita fino alla morte) e lottare contro miseria, ignoranza, impoverimento e ozio.

Gli strumenti del welfare state

Il welfare state, come ricorda ancora la Treccani, può garantire il benessere dei cittadini attraverso indennità economiche, come possono essere l’indennità di maternità o quella legata alla disoccupazione. Indennità che riguardano una situazione momentanea o permanente di incapacità al lavoro o un determinato periodo della vita.

Ci sono poi i servizi in natura, come per esempio l’istruzione e l’assistenza sanitaria, garantiti a tutti i cittadini dello Stato, così come le concessioni di benefici fiscali (per esempio per i figli a carico o per l’acquisto della prima casa). Infine, tra gli strumenti del welfare state, rientra anche la regolamentazione di alcuni aspetti legati all’attività economica, come per esempio l’assunzione di persone con invalidità ecc…

Il welfare state in Italia

Il sistema di welfare in Italia si basa su una serie di programmi e politiche pubbliche  che possiamo raggruppare in:

  • assistenza sanitaria universale: garantita a tutti i cittadini attraverso il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che fornisce cure mediche gratuite o a costi molto bassi, inclusi servizi ospedalieri, visite specialistiche, farmaci e interventi chirurgici;
  • sicurezza sociale: secondo cui il welfare state copre una serie di prestazioni, come sussidi di disoccupazione, pensioni, indennità di maternità e altre forme di sostegno economico;
  • prestazioni familiari e per l’infanzia: l’Italia offre diverse forme di sostegno economico alle famiglie, come l’assegno unico universale;
  • assistenza agli anziani e alle persone con disabilità: tra cui, per esempio, servizi di assistenza domiciliare, strutture residenziali e centri diurni;
  • formazione e istruzione: programmi di sostegno all’istruzione, come borse di studio e sussidi per l’istruzione superiore;
  • assistenza sociale: programmi di assistenza sociale per chi si trova in situazioni di difficoltà economica o sociale come possono essere aiuti il bonus affitti, assegnazione di case popolari con canoni sociali o moderati, sussidi alimentari ecc.;
  • politiche attive del lavoro: includono programmi di formazione, supporto all’occupazione e incentivi per l’assunzione di lavoratori;
  • politiche per l’inclusione sociale: sono presenti programmi mirati a favorire l’inclusione sociale di gruppi vulnerabili, come immigrati, rifugiati e minoranze etniche;
  • politiche per l’equità di genere: tra questi ci sono i congedi parentali retribuiti e altre misure a favore delle donne sul mercato del lavoro con l’obiettivo di garantire la parità di genere.

Tutto quello che abbiamo appena detto riguarda le caratteristiche generiche del welfare state in Italia ma, come sappiamo, le politiche di welfare sono in continuo cambiamento e presentano anche diverse fragilità.

Diversi studiosi, come per esempio Chiara Saraceno (sociologa e autrice di alcuni testi sul tema welfare), hanno fatto notare come il welfare state in Italia tenda a far beneficiare maggiormente i gruppi già inseriti nel mercato del lavoro e a garantire meno protezione a chi si trova in situazioni di precarietà o di scarsa partecipazione al mercato del lavoro.

Il ruolo del welfare aziendale rispetto al welfare state

Il welfare state in Italia quindi si caratterizza per una vocazione universalistica che ha come obiettivo quello di garantire a tutti i cittadini condizioni di vita dignitose e un eguale accesso ai servizi di protezione e assistenza indipendentemente dalla propria estrazione sociale, reddito o occupazione. 

Accanto al welfare pubblico, negli ultimi decenni, si è sempre più sviluppata una componente privata che affianca e sostiene quella pubblica con l’intervento di imprese, assicurazioni, banche, fondazioni, cooperative, imprese sociali, gruppi di volontari, associazioni datoriali, organizzazioni sindacali ed enti bilaterali. 

Nel welfare privato si possono infatti distinguere: il welfare aziendale, il welfare contrattuale (che nasce appunto da un contratto e può essere individuale o collettivo) e il welfare bilaterale che è sempre un welfare contrattuale, ma gestito ed erogato da enti bilaterali.

Nello specifico del welfare aziendale e del suo rapporto con il welfare pubblico, possiamo dire che la direzione è quella di un’integrazione utile e necessaria tra i due. 

Accanto, infatti, alla vocazione universalistica di un welfare che si rivolge in maniera omogenea a tutta la popolazione, i piani strutturati di welfare aziendale possono coprire i nuovi e diversi bisogni che una persona ha a seconda del momento che sta vivendo. E questo grazie a piani ad hoc che non si sostituiscono certo al welfare pubblico ma che, piuttosto, lo completano.
Il welfare aziendale, infatti, propone un intervento integrativo in tutte le principali componenti di quello pubblico ossia previdenza, politiche sociali, sanità e istruzione. 

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