Welfare aziendale
30 Dic 2020
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La storia del welfare aziendale in Italia: dal ‘700 ai giorni nostri nostri

Non solo Adriano Olivetti che l’ha rivoluzionato a metà del ‘900, le origini del welfare aziendale in Italia risalgono al ‘700 e vedono la diffusione nell’800. Scopri l’evoluzione fino a oggi
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Redazione
storia del welfare aziendale

Welfare aziendale e benefit sembrano idee recenti, in realtà le iniziative sociali delle imprese hanno una storia molto antica, che inizia molto prima della celebre storia dell’Olivetti degli anni ‘50 del ‘900.
Ci sono esempi di progetti di aiuto ai dipendenti da parte dei datori di lavoro che precedono addirittura la rivoluzione industriale.

Le prime forme di welfare nel ‘700 e ‘800

Per quanto riguarda la storia del welfare in Italia, basta risalire al ‘700, e con maggior esattezza alla seconda metà, quando il re Carlo di Borbone, sovrano dei regni di Napoli e di Sicilia, scopre i vantaggi degli interventi a favore dei dipendenti della Real Colonia di San Leucio.

Si tratta di una seteria fatta costruire vicino a Caserta dove ai dipendenti viene assegnata un’abitazione all’interno della colonia ed è offerta l’istruzione gratuita per i figli.

Sono le prime esperienze di welfare che si moltiplicano nell’800. Con la rivoluzione industriale una larga fetta della popolazione si trasferisce dalle campagne alle città per andare a lavorare nelle fabbriche e con questo spostamento si perde il tradizionale sistema di sostegno familiare tipico delle campagne.

I grandi imprenditori del tessile, settore trainante per l’economia nazionale, sentono l’esigenza sociale di intervenire per ricreare una rete di aiuto con l’obiettivo di migliorare il benessere dei propri dipendenti.

Sono gli anni dei “villaggi operai”, tra i quali il celebre villaggio Crespi d’Adda in Lombardia, (nato nel 1878) dove vengono messi a disposizione degli addetti le strutture di riferimento sociale come oltre alla casa, la scuola, la chiesa, i luoghi dello svago.

Il welfare aziendale nel ‘900: dall’Olivetti all’Eni e alla Larderello

Dopo la “pausa” del fascismo, che prova a centralizzare e statalizzare le iniziative a favore degli operai con iniziative come l’Opera nazionale dopolavoro, nata per organizzare il loro tempo libero, nel Secondo Dopoguerra l’Italia conosce uno delle più illuminate avanguardie del welfare aziendale in forma moderna.

A Ivrea, Adriano Olivetti consolida e organizza l’assistenza ai dipendenti in tutti gli aspetti della vita. A partire dal 1945, istituisce una serie di servizi e benefit che spaziano dagli asili nido alle biblioteche, dai servizi di ristorazione agli ambulatori medici. L’azienda dedica una particolare attenzione al sostegno della maternità e dell’infanzia, favorendo l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro: in quegli anni una grande novità.

Un altro punto cardine del welfare aziendale di Olivetti è l’istruzione professionale dei dipendenti, attraverso un centro di formazione per i meccanici. Non manca l’attenzione agli aspetti più ricreativi della vita dei dipendenti, come per esempio con i gruppi sportivi.

 
 

Tra le idee nuove di Olivetti c’è quella del Consiglio di gestione, che coinvolge direttamente i dipendenti nelle scelte sulla gestione dell’azienda e ovviamente sui piani di welfare per il benessere dei dipendenti. Un approccio che si traduce in una forza lavoro più serena, produttiva e fidelizzata.

L’imprenditore di Ivrea è il massimo rappresentante di uno spirito che inizia a essere molto diffuso negli anni del miracolo economico italiano.
C’è l’Eni di Enrico Mattei con il suo villaggio costruito per i dipendenti a Borca di Cadore in provincia di Belluno. C’è la Larderello di Aldo Fascetti, che mette la vita dei dipendenti al centro delle strategie d’impresa.

L’esplosione negli anni ‘80

Mentre le aziende intensificano i propri interventi di sostegno ai dipendenti, lo Stato allarga sempre più il suo sistema di welfare pubblico. Tanto che negli anni ‘60 e ‘70 l’espansione dell’iniziativa pubblica, soprattutto in ambito assistenziale e previdenziale, è così forte da rendere meno necessario il welfare aziendale. Questo, infatti, tende a diventare un’esperienza marginale nelle imprese italiane.

Il welfare aziendale si risolleva però a partire dagli anni ‘80 in una forma nuova, importata in Italia dalle grandi multinazionali americane: sono i piani di fringe benefit per i dipendenti.

Da un lato si diffondono programmi di assistenza e previdenza costruiti dalle aziende, dall’altro arrivano forme di retribuzione indiretta ancora sconosciute, come le stock options o le auto aziendali.

Sono però iniziative che riguardano solo i dirigenti e i dipendenti più qualificati.

Il welfare aziendale negli anni ‘2000 e oggi

Anche nell’Italia degli anni 2000 ci sono però aziende che sperimentano forme nuove di sostegno ai dipendenti. Come Luxottica che nel 2009, nel pieno della grandi crisi mondiale, costruisce il suo Sistema Welfare.

Tra le iniziative introdotte con il Protocollo concordato con i sindacati nel 2009 ci sono: borse di studio e corsi di orientamento professionale per i figli dei dipendenti, accordi con le catene di supermercati e negozi per gli acquisti, convenzioni con centri sanitari e odontoiatrici, aiuti per l’uso dei mezzi di trasporto, assistenza sociale di sostegno riservata a famiglie con problemi di portatori di handicap, di tossicodipendenze, di anziani da assistere.

Una modalità che anticipa di poco la tendenza degli ultimi anni, con molte aziende che si stanno impegnando in iniziative di welfare aziendali nuove, che vanno dal sostegno alla genitorialità a piani di formazione personale e professionale.

Dietro la crescita degli ultimi anni del welfare aziendale in Italia c’è la spinta forte degli sgravi fiscali introdotti con la legge di Stabilità 2016 e ampliati con la legge di Stabilità 2017.

Altre importanti novità nel campo del welfare aziendale sono state poi introdotte dalle Legge di Bilancio del 2018 che ha per esempio inserito tra le misure di welfare anche le spese di abbonamento per il tragitto casa-lavoro.

Nel 2020, poi, con il decreto Agosto e a causa della pandemia generata dal Covid-19, il Governo ha innalzato la soglia di esenzione dei fringe benefit. Decisione che ha confermato con il Decreto Sostegni del 2021, stabilendo che questa fosse per l’erogazione ai lavoratori di beni e servizi fino ad un ammontare massimo di 516,46 euro (raddoppiato rispetto ai 258,23 degli altri anni).

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La possibilità di abbattere il carico fiscale e nello stesso tempo ampliare le iniziative di sostegno ai dipendenti, ha convinto a muoversi in questi ultimi migliaia di aziende anche di dimensioni medie e piccole.

Nel 2020, secondo l’ultimo rapporto del Welfare Index Pmi, anche a causa dell’emergenza Covid, per la prima volta le imprese attive in ambito welfare superano il 50%, il 79% ha confermato le iniziative di welfare in corso e il 28% ne ha introdotte di nuove o potenziato quelle esistenti.

E come emerge anche dall’Osservatorio Welfare di Edenred, il welfare aziendale  è stato e continua e essere una fondamentale integrazione al reddito anche durante la pandemia.

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