Welfare aziendale
23 Gen 2024
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Soglia fringe benefit da 1.000 e 2.000 euro: come funziona e cosa sapere

Quali sono i nuovi limiti di esenzione per i fringe benefit previsti per il 2024 dalla Legge di Bilancio? E quali le nuove categorie di spesa che il datore di lavoro può anticipare o rimborsare ai dipendenti? Tutto quello che c'è da sapere sull’innalzamento della soglia di esenzione dei fringe benefit da 1.000 a 2.000 euro per il 2024.
Autore
Studio tributario e-IUS – Tax&Legal
fringe benefit 3000 euro

La legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di Bilancio 2024) ha apportato rilevanti novità in materia di fringe benefit.
L’art. 1, comma 16 innalza, per il 2024, la soglia di esenzione per l’assegnazione dei fringe benefit da parte del datore di lavoro (art. 51, comma 3, prima parte dell’ultimo periodo, TUIR) fino a 1.000 euro, per i dipendenti senza figli a carico, e a 2.000 euro, per i dipendenti con figli a carico. Inoltre, in aggiunta ai beni e servizi, il datore potrà rimborsare le spese delle utenze domestiche di acqua, luce e gas e le spese per l’affitto e gli interessi del mutuo relativi alla prima casa.

Ma cosa prevedono nel dettaglio queste nuove misure e cosa cambia per i dipendenti? Vediamo di scoprirlo nell’articolo. 

Fringe benefit fino a 1.000 o 2.000 euro annui: a chi spettano

Da un punto di vista soggettivo, l’esenzione prevista dalla Legge di Bilancio 2024 è rivolta a tutti i datori di lavoro (pubblici o privati) imprenditori, professionisti e enti non commerciali. Questi soggetti possono, dunque, assegnare fringe benefit e anticipare o rimborsare somme per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, per le spese per l’affitto della prima casa o per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa, deducendo dal reddito in maniera integrale il costo sostenuto.

Sempre in relazione all’ambito soggettivo, la nuova disposizione della Legge di bilancio 2024 è rivolta ai titolari di reddito di lavoro dipendente (lavoratori subordinati) e di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (ad es., lavoratori a progetto, co.co.co.).È, tuttavia, prevista una differenza.

I fringe benefit non concorreranno, nel 2024, alla formazione del reddito del lavoratore:

  • entro il limite complessivo di 1.000 euro annui, per i dipendenti senza figli a carico;
  • entro il limite complessivo di 2.000 euro annui, per i dipendenti con figli a carico

Tale differenza è stata introdotta per la prima volta nel 2023 dal Decreto Lavoro. L’art. 40 di questo provvedimento aveva, difatti, innalzato per il solo 2023 la soglia di esenzione per i fringe benefit a 3.000 euro annui, includendovi l’anticipo o il rimborso per le bollette, ma solo per i lavoratori con figli a carico. Per i lavoratori senza figlia a carico, rimaneva applicabile la soglia ordinaria di 258,23 euro annui, con l’impossibilità di includervi il rimborso delle bollette.

Volendo ritenere valido quanto affermato dall’amministrazione (Circ. 23/2023) con riferimento al Decreto lavoro, il superamento o meno del limite reddituale, di cui all’art. 12, comma 2, TUIR (figli con un reddito complessivo annuo di 2.840,51 euro, elevato a 4.000 euro nel caso di figli di età non superiore a ventiquattro anni), per considerare come fiscalmente a carico un figlio e applicare al dipendente l’esenzione maggiorata, dovrà essere verificato il 31 dicembre 2024, trattandosi di una misura limitata a questo periodo d’imposta.

L’esenzione pari a 2.000 euro annui potrà essere riconosciuta, inoltre, in misura intera a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente, anche in presenza di un unico figlio, purché fiscalmente a carico di entrambi (il nucleo familiare potrà, quindi, godere complessivamente di fringe benefit esenti fino a 4.000 euro annui). La stessa spetterà, altresì, nel caso in cui il contribuente non possa beneficiare della detrazione per figli fiscalmente a carico perché per gli stessi percepisce l’assegno unico e universale. Dunque, non rileva che il genitore fruisca in concreto della relativa detrazione.

Il datore di lavoro, in conformità alla disciplina generale di cui all’art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR, può assegnare i fringe benefit,  esenti entro il limite di 1.000 o di 2.000 euro, senza formalità e anche al singolo dipendente, e non necessariamente alla generalità o a categorie di essi. Inoltre provvede all’attuazione del presente comma previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti.

C’è da dire che il limite di 2.000 euro si applicherà solo se il lavoratore dipendente dichiarerà al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli, secondo le modalità stabilite tra lavoratore e datore di lavoro (Circ. n. 23/2023).

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Quali sono i benefit ammissibili

Per quanto riguarda l’ambito oggettivo di applicazione dell’esenzione prevista dalla Legge di Bilancio 2024, possono rientrarvi i fringe benefit assegnati al dipendente nonché al coniuge o ai familiari, anche non a carico (come ricorda la Circolare n. 35/2022).

Il nuovo regime include, poi, nell’esenzione, oltre a beni e servizi in natura, agilmente fruibili mediante i buoni acquisto, anche somme di denaro erogate o rimborsate dal datore di lavoro per le bollette di acqua, luce e gas, per le spese per l’affitto della prima casa e per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

Quanto all’anticipo o al rimborso delle spese per le utenze domestiche, l’Amministrazione finanziaria, con la Circ. n. 35/2022, ha affermato che il regime di esenzione riguarda le bollette riferite a immobili a uso abitativo, posseduti o detenuti dal dipendente, dal coniuge o dai familiari. Non fa, invece, menzione al titolo in forza del quale l’immobile è occupato, né alla qualificazione di quest’ultimo come immobile di residenza o di domicilio del dipendente, del coniuge o del familiare.

Secondo l’Agenzia, è, inoltre, agevolabile anche l’utenza intestata al condominio o al proprietario dell’immobile, ma i cui costi sono “ribaltati” al conduttore (ossia il dipendente, il coniuge o il familiare), sempreché la ripartizione e il riaddebito delle spese siano analitici e non forfettari.

 
 

È, tuttavia, necessario, per includere il bonus bollette nel regime di esenzione, che le spese delle utenze anticipate o rimborsate dal datore di lavoro siano effettivamente sostenute dal dipendente, dal coniuge o dal familiare.

Con riferimento alle nuove categorie di spesa, che possono essere anticipate o rimborsate dal datore di lavoro, sarebbe auspicabile un intervento dell’Amministrazione finanziaria per individuarne il perimetro applicativo.

Nelle spese per l’affitto, data la formula generica della norma, potrebbero, ad esempio, rientrare tutte le connesse alla locazione, non solo il canone, come le spese per le imposte di registro e di bollo, la tassa sui rifiuti e le spese condominiali, oltre alle spese per utenze domestiche.

Potrebbe, inoltre, considerarsi irrilevante che siano intestate al conduttore o che siano riaddebitate allo stesso in modo analitico o forfettario dal proprietario.

Sugli interessi sul mutuo, l’esenzione è, invece, espressamente riservata alla quota interessi e non anche alla quota capitale. 

Sarebbe opportuno, altresì, chiarie la nozione di “prima casa”.
Infatti, a differenza delle utenze domestiche, le somme anticipare o rimborsate per le spese per l’affitto e per gli interessi sul mutuo, per godere del nuovo regime di esenzione, devono essere riferite alla prima casa.

Data la genericità della disposizione, non si comprende se debba farsi riferimento alla nozione fiscale di prima casa (ossia un immobile oggetto di un atto traslativo del diritto di proprietà, cui sono connesse, al ricorrere di specifiche condizioni, riduzioni sulle imposte indirette, come imposta di registro e IVA) o alla diversa nozione fiscale di abitazione principale (ossia un immobile qualificabile come dimora abituale del contribuente).

Con riferimento al rimborso delle spese per l’affitto, si potrebbe preferire il concetto di abitazione principale, vale a dire un immobile in cui il dipendente, in qualità di locatario, dimora abitualmente.
Con riferimento agli interessi sul mutuo, potrebbe valere, invece, il concetto di “prima casa”, vale a dire un immobile acquistato con contratto di compravendita debitamente registrato nelle forme di legge dal dipendente, valorizzando il trasferimento reale della proprietà.

Come fruire dei nuovi benefit

Quanto alle corrette modalità di erogazione delle somme per il pagamento delle utenze domestiche, delle spese per l’affitto e degli interessi sul mutuo, al datore di lavoro sono imposti specifici oneri documentali. Deve, cioè, acquisire e conservare idonea documentazione attestante che le somme erogate o rimborsate sono state impiegate dal dipendente o dai familiari per lo scopo prefissato.

Per quanto riguarda l’anticipo o il rimborso delle utenze domestiche, sarà necessario, come affermato dall’Amministrazione finanziaria (Circ. n. 35/2022), che il datore di lavoro acquisisca “idonea documentazione”, ossia un giustificativo di spesa comprovante il pagamento delle utenze domestiche, di cui riporti gli elementi necessari per identificarle, quali ad esempio:

  • il numero della fattura
  • l’intestatario (e se diverso dal lavoratore, il rapporto familiare intercorrente con quest’ultimo)
  • la tipologia di utenza
  • l’immobile al quale si riferisce (ad uso abitativo, posseduto o detenuto dal dipendente o dal coniuge o dai familiari)
  • l’importo pagato
  • la data
  • le modalità di pagamento
  • in caso di fatture le cui utenze siano intestate al locatore, è necessario che dalla documentazione risulti il riaddebito analitico delle spese al conduttore (dipendente, coniuge o familiare).

Per comprovare tali dati, il datore di lavoro può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, con la quale il lavoratore richiedente attesti le informazioni sopra menzionate.
In ogni caso, al fine di evitare che si fruisca più volte del beneficio, il datore di lavoro deve acquisire anche una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del lavoratore, attestante che le medesime utenze non siano già state oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro, ma anche presso altri.

Anche per quanto riguarda le spese per l’affitto della prima casa e gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa, graveranno sul datore di lavoro i medesimi oneri documentali. Tale documentazione dovrebbe identificare la tipologia di spesa rimborsata, indicando, ad esempio, il relativo contratto di locazione o di mutuo, l’importo pagato, la data e le modalità di pagamento, nonché il beneficiario della somma effettivamente rimasto inciso della spesa. 

Queste informazioni, come per le utenze domestiche, potrebbero essere certificate anche mediante una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del dipendente, acquisita dal datore (D.P.R. n. 445/2000).

Durata della misura e superamento del limite di esenzione

Sotto il profilo temporale, la nuova esenzione per i fringe benefit fino a 1.000 o 2.000 euro trova applicazione limitatamente al periodo d’imposta 2024.
Pertanto, secondo il principio di cassa allargato, i benefit possono essere assegnati dal datore di lavoro entro il 12 gennaio 2025.
In caso di attribuzione dei beni e dei servizi mediante voucher, a rilevare sarebbe il momento di assegnazione degli stessi e non il loro materiale utilizzo, che, quindi, potrà avvenire anche in periodi d’imposta successivi al 2023 (Circ. 5/2018).

In caso di superamento dei limiti menzionati, si verificherà la tassazione integrale dei valori assegnati al lavoratore, in applicazione del regime ordinario di cui all’art. 51, comma 3, ultima parte del terzo periodo, TUIR.

Bonus carburante: nessuna proroga nel 2024

Infine, c’è da dire che nel 2024 non è stato prorogato il bonus carburante, ossia il regime di esenzione, fino a 200 euro, previsto nel 2022 e nel 2023, riservato ai titoli di legittimazione che i datori di lavoro potevano assegnare ai propri dipendenti per l’acquisto di carburante o per la ricarica dei veicoli elettrici. Si è trattato di un regime di esenzione cumulabile con l’esenzione riservata ai fringe benefit che è, attualmente, venuto meno.
Nel 2024, il datore di lavoro potrà erogare ai dipendenti buoni carburante facendoli concorrere nel limite di esenzione di 1.000 o 2.000 euro previsto per la generalità di fringe benefit.