Quando si parla di welfare aziendale e in particolare di fringe benefit, si pensa sempre all’auto aziendale concessa al lavoratore dipendente in uso promiscuo dal datore di lavoro ma, in realtà, ci sono molte altre possibilità.
I fringe benefit possono essere definiti come “compensi in natura” perché appunto non vengono erogati sotto forma di denaro, ma concessi sotto forma di beni e servizi dal datore di lavoro ai dipendenti.
Benefit che, peraltro, come emerge dall’Osservatorio Welfare 2023 di Edenred, sono sempre più apprezzati: basti pensare che la spesa in fringe benefit è triplicata rispetto all’anno precedente, raggiungendo ben il 60% tra chi ha meno di 30 anni.
Negli ultimi due anni la soglia di esenzione dei fringe benefit ha subito diverse oscillazioni: con il Decreto Aiuti-bis, entrato in vigore il 10 agosto 2022, la cosiddetta tasca fringe è passata, da 258,23 euro a 600 euro, per poi essere ulteriormente incrementata a 3000 euro per il medesimo periodo d’imposta, come previsto dal Decreto Legge Aiuti quater pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 novembre 2022.
Nel 2023 la soglia esentasse è tornata a 258,23 euro, salvo che per i dipendenti con figli a carico, in favore dei quali il Decreto Lavoro ha prorogato, per il 2023, l’innalzamento della soglia di esenzione a 3.000 euro.
Ma prima di addentrarci nelle novità, cerchiamo di capire ancora meglio cosa sono i fringe benefit, quali norme li regolano e alcuni esempi.
Cosa si intende per fringe benefit e alcuni esempi
In tema di welfare aziendale, i fringe benefit, previsti da contratto o volontariamente dal datore di lavoro, vengono forniti al dipendente tramite beni o servizi.
Rappresentano, dunque, una forma di “retribuzione in natura”; l’art. 2099, comma 3, c.c., stabilisce che «il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte [con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o] con prestazioni in natura».
I fringe benefit, costituendo parte della retribuzione, concorrono, dunque, alla formazione del reddito da lavoro dipendente.
Esiste, tuttavia, una deroga al principio di onnicomprensività che governa il reddito di lavoro dipendente (art. 51, comma 1, TUIR). L’art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR prevede che i fringe benefit non concorrano a formare il reddito da lavoro dipendente se il loro valore non è complessivamente superiore, nel periodo d’imposta, a 258,23 euro.
Entro la medesima soglia, in applicazione del principio di armonizzazione delle basi imponibili fiscali e previdenziali (art. 6, D.Lgs. n. 314/1997), i fringe benefit quindi non concorrono alla formazione della base imponibile previdenziale.
Più in particolare, invece, l’art. 51, comma 4, TUIR individua alcuni dei beni e servizi che più frequentemente vengono concessi ai dipendenti, e cioè gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori concessi in uso promiscuo, i prestiti, gli immobili e i servizi di trasporto ferroviario concessi gratuitamente ai dipendenti del settore ferroviario; per questi fringe benefit, sono stabiliti speciali criteri di determinazione forfetaria dei valori da assoggettare a tassazione.
Sempre più datori di lavoro scelgono di inserire i fringe benefit all’interno di un piano di welfare aziendale, consapevoli di come gli stessi costituiscano un’importante misura di sostegno ai bisogni dei propri dipendenti; ciò soprattutto in momenti storici difficili, come questo 2023 contrassegnato da un aumento generalizzato dei prezzi e dall’inflazione.
L’attribuzione dei fringe benefit può avvenire anche senza formalità da parte del datore di lavoro; può essere, quindi, volontaria. Significa che non è prevista da un accordo collettivo o da un regolamento aziendale, e ad personam, ossia essere prevista in favore di un singolo dipendente e non in favore della generalità o di categorie di questi.
Tra i fringe benefit più comuni ci sono, per esempio, la già citata auto aziendale e i buoni acquisto, come quelli messi a disposizione da Edenred.
Cos’altro rientra nei fringe benefit? Possono esserlo beni e servizi dedicati al dipendente quali:
- alcune tipologie di polizze assicurative;
- polizze assicurative;
- concessione di prestiti;
- acquisti di azioni societarie (le cosiddette Stock option);
- alloggi che vengono messi a disposizione del dipendente.
Fringe benefit 2023: cosa cambia e come assegnarli
Il D.L. 48/2023, cosiddetto Decreto Lavoro, e la successiva legge di conversione n. 85/2023 hanno previsto l’innalzamento della tasca fino a 3.000 euro, ma solo per i lavoratori dipendenti con figli a carico.
Da sapere: si considerano fiscalmente a carico i figli che non superano i 24 anni di età e hanno percepito nell’anno un reddito complessivo pari o inferiore a 4.000 euro e i figli
che superano i 24 anni e hanno percepito un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro.
Il regime di innalzamento a 3.000 euro trova applicazione esclusivamente per l’anno di imposta 2023 e include, come accaduto nel 2022, il rimborso delle utenze domestiche. Considerando il principio di cassa allargato, sancito dall’art. 51 co. 1 del TUIR, saranno considerati percepiti nel 2023 le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio 2024; nel caso delle utenze domestiche, il rimborso a cura del datore di lavoro dovrà avvenire entro la medesima data, onde evitare l’intaccamento della tasca fringe del 2024.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 23/E dello scorso agosto 2023, ha fugato ogni dubbio stabilendo che l’agevolazione spetta in misura intera a ciascun genitore anche in presenza di un unico figlio, purché il figlio sia fiscalmente “eleggibile” come a carico (indipendentemente dal fatto che per lo stesso spetti, in tutto o in parte, la relativa detrazione).
Quindi, nel caso di figlio a carico al 100% di uno dei due genitori (entrambi lavoratori dipendenti), entrambi potranno beneficiare dell’esenzione fino a 3.000 euro. Allo stesso modo, in caso di figlio a carico di ciascun genitore al 50%, entrambi potranno avere l’esenzione fino a 3.000 euro. Ovviamente, nel computo della cifra si devono conteggiare tutti i fringe benefit già erogati dal datore di lavoro nel 2023 (dall computo dei 3.000 euro sono esclusi i “buoni benzina”, disciplinati dal D.L. n. 5/2023).
Per l’applicazione della misura agevolativa, il datore di lavoro dovrà acquisire l’autocertificazione da parte dei dipendenti che, a loro volta, dovranno indicare di averne diritto precisando il codice fiscale dei figli. L’Agenzia ha chiarito, inoltre, che il datore di lavoro dovrà conservare la documentazione (anche firmata digitalmente) comprovante l’avvenuta dichiarazione, ai fini di un eventuale controllo da parte degli organi competenti.
Purtroppo, per i lavoratori dipendenti che non rientrano nella “categoria” prevista dalla norma, resta confermato il limite di esenzione ordinario di 258,23 euro e l’impossibilità di accedere al rimborso delle utenze, ma si aspettano novità sui fringe benefit con la Riforma fiscale.
È importante sottolineare come il regime di esenzione prevista per i fringe benefit – indipendentemente dall’ammontare della soglia – si traduce in un vantaggio per il lavoratore che, in relazione ai fringe benefit assegnanti entro il valore previsto, non incorre in nessuna tassazione, ai fini IRPEF e in nessun aggravio contributivo, ai fini previdenziali. Inoltre, per il datore di lavoro, si tratta di importi completamente deducibili dal reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 95 TUIR.
I fringe benefit possono essere erogati anche mediante documenti di legittimazione, in forma elettronica o cartacea, ovvero i cosiddetti buoni welfare (art. 51, comma 3-bis, TUIR). Come sono per esempio i buoni acquisto che, nel caso di Edenred Shopping, possono essere richiesti sia in formato cartaceo che digitale (oltre che fruibili tramite l’app dedicata MyEdenred Shopping) ed essere utilizzati per fare la spesa o altro (prodotti di elettronica, articoli sportivi, gift card e tanto altro ancora).
C’è da dire, poi, che, nell’attuale periodo d’imposta, il regime di esenzione per i fringe benefit, sia con riferimento alla soglia ordinaria di 258,23 euro, sia con riferimento alla soglia di 3.000 euro per i dipendenti con figli a carico, costituisce un’agevolazione cumulabile con il regime di esenzione previsto per il bonus carburante dall’art. art. 1, co. 1, D.L. n. 5/2023 (cd. Decreto Carburanti).
Quando parliamo di bonus carburante, ci riferiamo a un documento di legittimazione, ossia un voucher, in formato cartaceo o elettronico, destinato all’acquisto di carburanti (come benzina, gasolio, GPL e metano) e alla ricarica dei veicoli elettrici, e assegnato dai datori di lavoro privati ai lavoratori propri dipendenti.
Il Decreto Carburanti ha previsto che, per l’anno 2023, il lavoratore possa ricevere dal datore di lavoro buoni carburante non imponibili ai fini fiscali (ma rilevanti ai fini contributivi) fino a 200 euro annui. Un valido supporto per i dipendenti nell’aumentare il loro potere d’acquisto in un periodo di grandi ristrettezze economiche.
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L’auto aziendale come fringe benefit
L’auto aziendale è sicuramente uno dei benefit più apprezzati dai dipendenti. Ciò che accade nella maggior parte dei casi è, in particolare, l’assegnazione del benefit in questione per un uso promiscuo. Nello specifico, l’auto aziendale, di proprietà del datore di lavoro, viene concessa al dipendente sia per espletare la propria attività lavorativa, sia per uso personale, ossia per esigenze della vita privata (cfr. C.M. n. 326/E/1997).
L’auto concessa ad uso promiscuo concorre alla formazione del reddito del dipendente. In che misura? Ai fini della determinazione del valore dell’autovettura da assoggettare a tassazione, il Legislatore ha, tuttavia, previsto uno specifico criterio di determinazione.
In particolare, il compenso in natura deve essere valorizzato, per il dipendente, utilizzando il criterio forfetario indicato nell’art. 51, c. 4, lett. a), TUIR. in particolare, il valore che concorre a formare il reddito di lavoro dipendente viene calcolato applicando al costo chilometrico di esercizio, desumibile dalle tabelle nazionali dell’ACI, corrispondenti a una percorrenza convenzionale annua di 15.000 km, una percentuale che varia in base alla quantità di Co2 emessa dal veicolo e stabilita dal menzionato comma 4, lett. a) dell’art. 51 TUIR.
Fringe Benefit negli anni passati
Ma cosa ha previsto la legge negli anni passati per i fringe benefit?
Questo strumento tanto apprezzato – dai dipendenti, perché in grado di dare un sostegno concreto al reddito, e dai datori di lavoro perché defiscalizzato – ha subito dal 2020 diverse oscillazioni, frutto di interventi ad hoc del Governo, sollecitati da situazioni straordinarie, quali la pandemia e il caro vita provocato dalla guerra in Ucraina.
Il 2022 è stato sicuramente l’anno in cui ci sono stati maggiori interventi sul fringe benefit: prima il Decreto Aiuti-bis ha previsto l’innalzamento della tasca fringe da 258,23 euro – importo previsto dall’art. 51 co. 3 del TUIR – a 600 euro e introdotto il rimborso delle utenze domestiche poi, sul finire dell’anno, il Decreto Aiuti-quater ha ulteriormente ampliato la tasca portandola a 3.000 euro per i dipendenti con figli a carico.
Il tutto, senza dimenticare il Decreto Ucraina (D.L. 21/2022), che ha introdotto il buono benzina, non imponibile ai fini fiscali e contributivi fino a 200 euro annui.
Differenza tra fringe benefit e flexible benefit
Ma esiste una differenza tra i fringe benefit e i flexible benefit? Certamente.
Come abbiamo visto fino a questo momento, i fringe benefit sono dei compensi in natura, detti anche benefit accessori, che vanno ad aggiungersi alla retribuzione ordinaria e che possono essere concessi singolarmente – com’è il caso dell’auto aziendale, per esempio – o a un numero ristretto di persone.
I flexible benefit, come ci fa intuire quell’aggettivo che in italiano traduciamo con “flessibili”, sono costituiti, invece, da beni, prestazioni, opere e servizi, di cui all’art. 51, comma 2, TUIR, offerti dal datore di lavoro nell’ambito dei cosiddetti piani di welfare aziendale.
Rappresentano un’importante parte della remunerazione complessivamente percepita dal lavoratore e hanno la finalità di rispondere a specifiche esigenze di carattere non economico dei beneficiari. Rientrano, infatti, l’assistenza sanitaria integrativa, la previdenza complementare, i servizi per l’infanzia e l’istruzione, l’assistenza ai familiari non autosufficienti, etc.
Data la loro rilevanza, il legislatore ha elencato tassativamente, all’art. 51, comma 2, TUIR, i flexible benefit che, in deroga al principio di onnicomprensività, non concorrono, in tutto o in parte, alla formazione del reddito di lavoro dipendente.
La maggior parte dei flexible benefit, dai buoni pasto, di cui alla lett. c), ai benefit di utilità sociale, di cui alla lett. f), ai servizi d’istruzione per i figli, di cui alla lett. f-bis), etc., per godere del regime di esenzione previsto, deve essere concessa alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti.
Inoltre, essi spesso sono regolati, come è per esempio nel caso dei metalmeccanici, dai contratti collettivi nazionali di lavoro (welfare contrattuale) e costituiscono, per i datori di lavoro che li applicano, fonte dell’obbligo di erogare alla popolazione aziendale le prestazioni di welfare ivi stabilite.
Nel caso del CCNL metalmeccanici, rinnovato da Federmeccanica, ASSISTAL e FIM-CISL, FIOM CGIL, UILM-UIL, FISMIC e Federazione nazionale lavoratori UGL meccanici il 5 febbraio 2021 e con scadenza il 30 giugno 2024, i lavoratori hanno diritto di ricevere dai datori di lavoro, entro il primo giugno di ciascun anno, strumenti di welfare del valore di 200 euro all’anno da spendere entro il mese di giugno di ciascun anno.
La differenza tra fringe benefit e flexible benefit non consiste solo nella modalità di assegnazione e nei destinatari, ma riguarda anche il trattamento fiscale.
Come abbiamo visto, i fringe benefit sono sottoposti, in via ordinaria, a una limitata soglia di esenzione pari a 258,23 euro (sebbene innalzata, nell’attuale periodo d’imposta, a 3.000 euro in favore dei dipendenti con figli a carico). Inoltre, il regime previsto dall’art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR stabilisce che in caso di superamento del limite di non concorrenza alla formazione del reddito, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione e a contribuzione l’intero importo.
Questa regola è stata considerata applicabile anche nelle eccezionali e temporanee ipotesi di innalzamento della soglia di esenzione (come previsto dalla Circolare n. 35/2022).
Al contrario, importanti categorie di flexible benefit, come le prestazioni, opere, servizi aventi finalità di rilevanza sociale, di cui all’art. 51, comma 2, lett. d-bis) (abbonamento al trasporto pubblico), f) (oneri di utilità sociale), f-bis) (servizi educativi e di istruzione), f-ter) (servizi di assistenza per anziani e non autosufficienti) ed f-quater) (contributi e versamenti di polizze LTC dread desease), TUIR, non concorrono, senza alcun limite, alla formazione del reddito di lavoro dipendente, né alla formazione della base imponibile previdenziale.
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