Welfare aziendale
18 Dic 2020
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Lo smart working in Italia: numeri, benefici e criticità

Nel 2020 lo smart working ha visto un notevole incremento anche a causa dell’emergenza causata dal Covid-19. Ecco i numeri del fenomeno secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
Autore
Redazione
smart working in Italia

Smart working: lavoro intelligente o lavoro agile. Di definizioni ce ne sono diverse, ma il concetto è uno: adattare il lavoro alla persona e non la persona al lavoro.
In Italia, questo approccio, che prevede tra le altre cose la possibilità di lavorare da remoto, in mobilità o da casa e di gestirsi in autonomia con gli orari e gli strumenti, con il
2020 ha assunto dimensioni sempre più importanti

Tant’è che le due parole, smart working, si sono diffuse anche tra chi in effetti non lo applica, ma si trova a lavorare con persone che lo fanno ogni giorno o in alcuni giorni della settimana.

Lavoro agile e Covid-19: cosa è cambiato nel 2020

Un forte impulso allo smart working è stato dato, come saprai, dal Covid-19 e dalle esigenze di limitare al massimo il contagio tra i dipendenti. Ma già da prima molte organizzazioni avevano deciso di applicare lo smart working e di inserirlo all’interno del paniere di iniziative di welfare aziendale.

Con il 2020, le aziende che hanno agito così sono aumentate anche grazie ai DPCM del 23 febbraio e dell’8 marzo 2020 che hanno introdotto una procedura semplificata che derogava alcuni aspetti previsti dalla legge n.81/2017 come quello sugli accordi individuali. 

Pertanto, il lavoro in modalità smart è entrato a pieno titolo nel paniere di iniziative di welfare che le aziende oggi possono offrire ai propri dipendenti. Tra queste c’è anche la Pubblica Amministrazione che in effetti, è il caso di dirlo, l’ha riscoperto. 

Gli obiettivi, a ogni modo, restano sempre quelli di migliorare la conciliazione vita-lavoro, la soddisfazione del dipendente e, di conseguenza, anche la produttività in azienda.

Vediamo quali sono i numeri dello smart working per il 2020 e cosa potrà accadere nel 2021. 

Per lo smart working più del 97% delle grandi imprese e il 55% delle PMI

A fotografare la realtà è come ogni anno l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano che ha presentato il 3 novembre del 2020 la ricerca Smart Working il futuro del lavoro oltre l’emergenza. Un lavoro che tiene in considerazione il primo lockdown tra marzo e aprile 2020, ma anche la cosiddetta fase 2.

Stando a quanto emerge dalla ricerca, a usufruire dello smart working durante la fase dell’emergenza è stato il 97% delle grandi imprese e il 55% delle PMI, ossia piccole e medie imprese oltre al 94% degli enti della Pubblica Amministrazione. 

Un totale di 6,58 milioni di lavoratori agili, vale a dire ben un terzo di tutti i dipendenti italiani e 10 volte quelli censiti nel 2019.  

Un dato che è poi sceso nel settembre 2020, visti alcuni rientri consigliati e altri obbligatori, a 5,06 milioni. Al di là di questi numeri che dimostrano come lo smart working si sia diffuso notevolmente, conta molto la stima fatta dall’Osservatorio del Politecnico: al termine dell’emergenza si ipotizza che a continuare a lavorare in modalità smart saranno 5,35 milioni di lavoratori di cui poco più di un milione e mezzo nelle grandi imprese, 920 mila nelle PMI, 1,23 milioni nelle microimprese.

Una “nuova” normalità che prevederà diversi cambiamenti: il 70% delle grandi aziende dovrà aumentare le giornate di lavoro da remoto, passando da 1 giorno a settimana alle media di 2,7 giorni e questo verrà fatto anche moltiplicando gli spazi fisici. E, aggiungiamo, considerando lo smart working come un benefit aziendale da inserire nel piano di welfare a pieno titolo.

Continuando con la fotografia del fenomeno smart working – che, lo ricordiamo, in molti casi è riuscito a mantenere le aziende produttive e di conseguenza a evitare diversi licenziamenti – dalla ricerca è emerso come le aziende abbiano dovuto aumentare la dotazione di pc portatili e altri strumenti hardware.

 
 

Non è la stessa cosa dal punto di vista organizzativo: per il 58% delle grandi imprese e per il 28% dei lavoratori è stato difficile mantenere un equilibrio tra lavoro e vita privata. Il 33% delle organizzazioni ha poi ammesso che i manager non erano preparati a gestire il lavoro da remoto.

Benefici e criticità dello smart working

Nel 2020, a causa dell’emergenza, lo smart working è stato per lo più assimilato al lavoro da remoto e questo ha comportato per il 29% dei lavoratori una difficoltà a separare il tempo per l’impegno professionale e quello per la famiglia e per se stessi. Così come il 29% ha sperimentato una sensazione di isolamento nei confronti dell’organizzazione.

Il work-life balance resta dunque la prima barriera da superare per le grandi imprese (58%) insieme alla disparità dei carichi di lavoro così come l’impreparazione dei manager e le limitate competenze digitali del personale. Queste le criticità su cui lavorare, di contro lo smart working ha portato vari benefici. 

Le digital skills sono migliorate (per il 71% delle grandi imprese), sono stati messi da parte i pregiudizi sul lavoro agile (65%) così come sono stati ripensati i processi aziendali (59%).
Tra i lati positivi c’è anche il fatto che le organizzazioni si sono rese conto delle loro capacità d
i resilienza, un aspetto tutt’altro che scontato. Senza poi dimenticare che lo smart working ha aumentato la produttività come hanno rilevato gli stessi lavoratori.

 
 

Il 73% riconosce un effetto positivo sulla sua performance grazie a una buona o ottima capacità di concentrazione. Per il 76% è aumentata l’efficacia, per il 72% l’efficienza mentre il 65% degli intervistati ha detto che, grazie allo smart working, nel 2020 ha portato innovazione nel proprio modo di lavorare.

Come ha detto Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working: “L’applicazione dello smart working è un’incredibile iniezione di resilienza che ha consentito di tutelare la salute e preservare una parte dell’economia.
Senza il digitale i danni sarebbero stati peggiori, ma è necessario ripensare il lavoro per non disperdere l’esperienza di questi mesi e per passare al vero e proprio smart working, che deve prevedere maggiore flessibilità e autonomia nella scelta di luogo e orario di lavoro, elementi fondamentali a spingere una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. 

I cambiamenti delle aziende in ottica smart working

Alla luce di tutto questo e vedendo i risultati positivi dello smart working, le aziende hanno cominciato ad apportare degli importanti cambiamenti al loro interno.

Tra questi: l’introduzione di regole e linee guida per l’utilizzo degli ambienti e la definizione di un piano di rientro delle persone con turni per i team di lavoro. La maggior parte delle grandi aziende ha poi lasciato autonomia riguardo al numero di giornate di lavoro agile, ma con procedure per non superare il limite massimo che possa garantire il distanziamento sociale. 

Nel 2021 lo smart working seguirà la scia del “new normal”, si ridisegnerà, cioè, il modo di lavorare: il 36% delle grandi imprese modificherà i progetti di smart working in corso e digitalizzerà i processi.
Per ben il 70% di chi ha un progetto di lavoro agile le giornate di lavoro da remoto aumenteranno e tra le innovazioni che si apporteranno c’è l’inclusione di nuovi profili professionali e/o il coinvolgimento di un maggior numero di persone.

I progetti delle imprese premiati dallo Smart Working Award

Tra i progetti di lavoro agile più significativi lanciati da aziende italiane ci sono quelli che hanno vinto gli Smart Working Award 2020, i premi istituiti dallo stesso Osservatorio del Politecnico.

Per il 2020 il riconoscimento tra gli altri è andato a Credem per un progetto di smart working che durante l’emergenza ha esteso il lavoro completamente da remoto a tutti i dipendenti. Vale a dire per un totale di 5mila lavoratori. Inoltre, tra le grandi aziende Credem ha anche previsto una giornata agile anche per il front office, escluso dalle precedenti iniziative.

Per le PMI a ritirare il premio è stato Cerence che, fin dal 2019, anno di fondazione dell’impresa ha dato vita a un’organizzazione del lavoro fondata sul raggiungimento degli obiettivi oltre che sull’instaurare un clima di fiducia tra manager e collaboratori. L’azienda ha fatto entrare lo smart working a pieno titolo nel suo business già prima dell’emergenza Coronavirus.

Quanto alle PA, il premio è andato alla Regione Lazio per un progetto che ha permesso di affrontare l’emergenza senza eccessive criticità, grazie a razionalizzazione degli spazi, percorsi di formazione e change management, revisione del sistema di valutazione e monitoraggio delle performance.

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