Cultura aziendale
15 Lug 2023
| 6'

Donne e STEM: a che punto siamo?

Facciamo il punto su qual è la situazione delle donne rispetto allo studio delle discipline scientifico-tecnologiche, in ottica di parità di genere e gender gap.
Autore
Redazione
donne e stem

È ancora molto diffusa, nel nostro Paese, l’idea che lo studio delle discipline STEM, acronimo dall’inglese di Science, Technology, Engineering and Mathematics, ovvero quelle a carattere scientifico-tecnologico, sia più adatto agli uomini che alle donne.

Il problema non si lega soltanto alla libertà di studio, ma si riflette, inevitabilmente, sulla parità di genere in ambito professionale e, in particolar modo, sulla possibilità di accedere a posizioni lavorative ai vertici delle aziende.

Il cambiamento dovrebbe partire dalla società stessa, in modo da riuscire a combattere quegli stereotipi che tendono a classificare alcuni studi come discipline adatte solo agli uomini o solo alle donne. Le aziende stesse, infatti, dovrebbero agire al fine di superare questo gap, ad esempio adottando strategie di recruiting inclusive, con l’obiettivo di avvicinare le donne a determinate professioni.

Il welfare, attraverso l’utilizzo di misure inclusive e strumenti di valutazione delle politiche di genere, può porsi come un grande alleato al fianco delle imprese che vogliono impegnarsi per superare questi divari. 

Le donne che si dedicano alle STEM in Italia sono ancora poche

La mancanza di donne nelle discipline STEM non è una tematica che riguarda esclusivamente l’Italia: l’Europa, infatti, fatica ad attrarre le ragazze nell’istruzione di discipline scientifico-tecnologiche e, di conseguenza, le donne nel mondo del lavoro legato a questo tipo di studi.

Secondo il Global Gender Gap Report 2022 condotto su 146 Stati, in Italia, in ambito STEM, le donne risultano sottorappresentate, soprattutto in campi come l’ingegneria, in cui la percentuale di donne è pari al 6,6% rispetto al 24,6% degli uomini e ITC (Tecnologie riguardanti i sistemi integrati di telecomunicazione), dove le donne sono rappresentate per l’1,7%, mentre la percentuale di quota maschile arriva all’8,2%.
Nonostante le donne superino numericamente gli uomini, come studenti e laureati, solo un terzo dei laureati in materie STEM in Europa è di genere femminile e, si stima che, entro il 2027, le donne rappresenteranno appena un quinto dei posti di lavoro nel settore tecnologico (fonte McKinsey & Company. Women in tech: The best bet to solve Europe’s talent shortage, gennaio 2023). 

Secondo uno studio diffuso dall’Organizzazione internazionale Save The Children, inoltre, la maggior parte delle adolescenti in età scolare è appassionata e incuriosita proprio da questo tipo di materie e questo dato dimostra quanto il problema sia più legato a degli stereotipi ormai insiti nella società, piuttosto che ad una reale mancanza di interesse delle donne verso le discipline scientifiche.

L’equilibrio nello studio delle materie STEM è importante per la parità di genere

Il diritto alla libera scelta sugli studi da seguire è considerato oggi da molte donne come un diritto fondamentale per rispondere alle sfide ambientali e della salute di domani.
Cresce sempre più, in Italia e nel mondo, la consapevolezza del valore e del contributo che il genere femminile può dare in ambito tecnico-scientifico, tuttavia, le donne sperimentano stereotipi sin dai primi cicli della loro istruzione, che le spingono ad orientare le proprie scelte verso materie umanistiche, bloccando così sul nascere possibili talenti. 

 
 

Dal momento che le donne vengono scoraggiate ad intraprendere studi STEM, è altamente probabile che non considereranno opzioni di carriera valide in quelle aziende tecnologicamente avanzate.

I riflessi sul mondo del lavoro

Il problema non è solo legato alla libertà di istruzione, ma si riflette in maniera evidente anche nel mondo del lavoro. Lo conferma, ad esempio, il primo Rapporto tematico di genere “Laureate e laureati: scelte, esperienze e realizzazioni professionali”, realizzato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea. 

Secondo il rapporto, le donne – che costituiscono quasi il 60% dei laureati in Italia -, dimostrano migliori performance pre-universitarie e universitarie e prendono parte più degli uomini alle esperienze di tirocinio curriculare. Nonostante questo, il tasso di occupazione registra percentuali nettamente a vantaggio degli uomini: tra i laureati di primo livello, a cinque anni dal titolo, il valore è pari all’86% per le donne e al 92% per gli uomini; tra quelli di secondo livello è pari, rispettivamente, all’85% e al 91%.

È, inoltre, un dato di fatto che, nonostante abbiano qualifiche e un’esperienza adeguata, nel nostro Paese le donne incontrino ancora diversi ostacoli nell’avanzamento di carriera.

Sempre secondo il “Global Gender Gap Report 2022” l’Italia si posiziona appena al 63° posto per l’indice composito di “Gender Gap”. Questo valore viene calcolato considerando le differenze di genere in quattro diversi ambiti: salute e sopravvivenza, livello di istruzione, empowerment politico, partecipazione economica e opportunità. Il nostro Paese resta al di sotto della media europea di circa 6 punti percentuali, posizionandosi tra i tre peggiori Paesi dell’area per quanto riguarda l’indice della partecipazione economica e dell’opportunità. 

È il classico caso del “soffitto di cristallo”, una metafora che vede la donna sovrastata da un tetto in vetro trasparente sul quale si trovano i collegi maschi e che è impossibile da attraversare. Questa metafora si usa per indicare la condizione in cui l’avanzamento di carriera di una donna, o il raggiungimento della parità dei diritti, viene impedito per discriminazioni e barriere di genere che si interpongono come ostacoli di natura sociale, culturale e psicologica: apparentemente invisibili, ma al tempo stesso insormontabili.

Quali azioni si possono adottare per ridurre questo divario di genere

L’11 febbraio di ogni anno ricorre la Giornata Internazionale delle Donne e ragazze nella Scienza (istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 2015 e patrocinata dall’UNESCO). Questo rappresenta sicuramente un primo passo per sensibilizzare la popolazione sull’argomento, tuttavia, quello che si rende necessario è anche intraprendere delle azioni concrete. 

Gli investimenti del PNRR rappresentano un’occasione unica per cercare di fare un passo avanti e sostenere i talenti scientifici delle ragazze che vivono nel nostro Paese.
Servono ovviamente interventi mirati, come piani formativi, per promuovere tra le ragazze, partendo da quelle che vivono in contesti svantaggiati, l’acquisizione di fiducia nelle proprie capacità in tutti i settori, compresi quelli della matematica, delle scienze, dell’ingegneria e delle tecnologie digitali. 

Per colmare il gender gap esistente nelle discipline STEM e incentivare la partecipazione delle ragazze bisogna attivare un processo di consapevolezza che deve partire dalle stesse istituzioni scolastiche, al fine di promuovere una sensibilizzazione su questo tema.

Cosa possono fare le aziende?

Le aziende che si affidano alle competenze STEM dovrebbero investire di più per rivolgersi ai gruppi sottorappresentati, come quello femminile, che sono scoraggiati nel perseguire una carriera nel settore.
In particolare, chi opera quotidianamente nelle Risorse Umane non può più esimersi dal dare assoluta importanza a tematiche come il gender gap, che riguarda il benessere e la salute di tutti i dipendenti e che può impattare direttamente sulla redditività di un’impresa. 

Le azioni che possono essere intraprese ogni giorno per favorire un processo di cambiamento culturale sono molteplici. Un possibile strumento per raggiungere un equilibrio di genere all’interno di un’azienda è rappresentato dai flexible benefit, ossia quei benefit flessibili che un’azienda può prevedere all’interno del proprio piano di welfare aziendale.
Non si tratta di benefit retributivi, ma di un modo per valorizzare la figura professionale della donna e favorire la conciliazione dei tempi di vita-lavoro: dai servizi legati al people care, alla genitorialità, al servizio di baby-sitting, di assistenza agli anziani o a familiari non autosufficienti. Ma non solo, anche tutti i servizi legati all’istruzione e alla salute che testimoniano il forte valore sociale del welfare.

Esistono inoltre strumenti di analisi delle politiche per la parità di genere in azienda, che possono aiutare le aziende a superare il gender gap, abilitandole agli audit di certificazione.

Il welfare aziendale di Edenred si muove proprio in questa direzione, diventando anche un valido alleato per le strategie di recruiting in grado di trattenere risorse e attrarre nuovi talenti.

Edenred, in partnership con Idem, start-up universitaria, offre percorsi di consulenza sulla parità di genere, per valutare la situazione delle aziende e definire le azioni di miglioramento organizzativo per ottenere l’attestato di Certificazione Idem®. Il percorso potrà anche includere l’analisi di compliance per il rilascio della certificazione UNI PDR 125:2022.

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