Welfare aziendale
23 Gen 2023
| 5'

Cosa è il work life balance e quanto conta per i dipendenti

Cosa si intende per equilibrio tra lavoro e vita privata? E cosa possono fare le imprese? Tra best practise e suggerimenti, come inserire il work-life balance nei piani di welfare aziendale
Autore
Redazione
work life balance welfare aziendale

“Il tempo è denaro” recita un vecchio adagio. Ed è una massima sempre attuale e valida per l’azienda così come per le sue persone. Sebbene, lato dipendente, il fatto di avere più tempo venga visto prevalentemente come un’opportunità per conciliare lavoro e famiglia.

Quello che viene definito work-life balance, ossia il delicato equilibrio tra vita privata e lavoro, diventa dunque sempre più importante dal punto di vista del welfare aziendale e lo è sempre di più anche nel 2022.

Cos’è il work-life balance e come raggiungerlo

Prima però di vedere come work-life balance e welfare aziendale possano andare di pari passo è bene dare una definizione su cosa sia questo delicato equilibrio tra il lavoro e la vita privata.

Con queste 3 parole inglesi si intende la capacità di gestire in modo equilibrato sia il proprio lavoro che le relazioni con gli amici, con la famiglia ma anche il proprio tempo libero. Dobbiamo immaginare il lavoro da un lato e il resto dall’altro, come se fossero due piatti della stessa bilancia e in perfetto equilibrio tra loro.

Ovvio che questo non può succedere sempre: se un team di dipendenti sta partecipando a una gara che ha una data di scadenza improrogabile, dovrà fare il massimo per onorare tale impegno.
Ma con una progettazione accurata di tutte le varie fasi si potrebbe prevedere che nessuno resti in ufficio fino a tardi o che, se questo succede, sia solo per pochi giorni e che comunque si compensi con un orario ridotto una volta che la gara è finita. Sono azioni che un’azienda può mettere in campo per dare un po’ di respiro ai propri dipendenti, come tante altre che vedremo successivamente.

 
 

Il work-life balance può variare in base a fasi o eventi della vita personale, attività e scadenze professionali e pertanto non essere “fisso”, ma quel che conta è che da parte del dipendente, e grazie al supporto dell’azienda, ci sia la continua ricerca del benessere personale e la soddisfazione nei confronti del lavoro che si sta facendo.

Certo, per molti e per alcuni momenti dell’esistenza, non c’è un confine netto tra lavoro e vita privata ma essere costantemente attaccati a un computer o sempre raggiungibili, nel lungo periodo potrebbe essere controproducente. Ecco perché ognuno dovrebbe trovare il suo equilibrio e una mano può venire anche “dall’alto”.

In Francia, per esempio, due sigle sindacali, CFDT (Confédération française démocratique du travail e CGC (Confédération Générale des Cadres) insieme alle associazioni di categoria, hanno suggerito di evitare l’invio delle email dopo le 18 (per chi lavora più di 35 ore settimanali) per favorire un corretto equilibrio tra vita personale e professionale dei lavoratori.

E questo, rivendicato quasi come un diritto alla disconnessione, punta l’attenzione anche su un elemento in grado di influire, positivamente o negativamente, sul work-life balance:la tecnologia, capace di abilitare la flessibilità e lo smart working e al tempo stesso in grado di rendere la persona costantemente raggiungibile,

Il benessere organizzativo come leva per i risultati: alcune iniziative

Così come si parla sempre più di settimana lavorativa di 4 giorni e non più di 5, detta anche “settimana corta”. In alcuni Paesi come l’Inghilterra è già una realtà: grazie all’associazione 4 Day Week Global, oltre 3000 lavoratori in 70 aziende britanniche la stanno già sperimentando.
Il progetto pilota, condotto insieme alle università di Cambridge, di Oxford e al Boston College, ha una durata iniziale di 6 mesi per testare effettivamente se si mantiene la stessa produttività, lavorando meno e con uno stipendio invariato. 

A sposare questa novità non sono solo grandi aziende: nel progetto pilota ce ne sono di ogni dimensione e tipologia. Si tratta di aziende che si occupano di istruzione, consulenza sul luogo di lavoro, servizi finanziari, banche formazione legale, vendita al dettaglio anche online, digital marketing ecc… 

Dagli esperimenti che l’organizzazione ha condotto in altri stati, come per esempio la Nuova Zelanda, sono emersi dati interessanti: per esempio il 63% delle aziende ha trovato più facile attivare strategie di recruiting e talent attraction puntando sulla settimana lavorativa corta. Così come il 78% dei dipendenti che ha partecipato al progetto pilota si è detto più felice e meno stressato.

Anche in Italia ci sono aziende che sono già andate in questa direzione come la società di head hunting Carter & Benson che ha sede a Milano. L’esperimento è iniziato nel 2019, con stipendio invariato e obiettivi ricalibrati, e finora sembra andare bene. La produttività, come ha precisato il CEO William Griffini, è migliorata, non aumentata. Il che ovviamente è una differenza significativa anche in ottica di work-life balance. 

Quanto abbiamo detto dimostra come favorire il work-life balance è una leva per ottenere risultati migliori perché si aumenta la soddisfazione dei lavoratori e di conseguenza la loro motivazioni. Inoltre, le aziende che puntano sul work-life balance dei dipendenti hanno un ritorno in termini di immagine e reputazione positiva, corporate branding ma anche dal punto di vista dell’employee retention.
Le persone che si “sentono in equilibrio” infatti tendono a restare e a “sposare” l’azienda.

E in un momento in cui la Great Resignation è dietro l’angolo è un aspetto da non trascurare.  

Lo smart working e il work-life balance

I due termini messi sulla stessa riga sembrano quasi una scioglilingua, ma se lo smart working ha tanti benefici dati dalla possibilità, grazie alla tecnologia, di lavorare ovunque, a volte quell’ovunque si tramuta in un “sempre”. 

Si è sempre connessi, sempre raggiungibili, non si riesce mai a staccare davvero o a godersi un momento senza dare un’occhiata allo smartphone per vedere se è arrivata la mail di risposta a un dubbio che avevamo o la conferma a un progetto.

A questo si aggiunge il fatto che con l’emergenza sanitaria sempre più persone hanno lavorato in smart working da casa e questo ha comportato che sale da pranzo, camere da letto, cucine ecc… si siano trasformate in… ufficio. E se la casa non è più solo il luogo in cui ci si rilassa e si lasciano fuori i problemi, va da sé che questo equilibrio vacilla ancora di più.

Così come si deve tenere in considerazione che riportare tutte le persone in ufficio 5 giorni su 5 giorni, lasciando l’esperienza dello smart working nel dimenticatoio è oggi complesso. E lo è altrettanto tornare alla classica giornata lavorativa 9-18.
Stando infatti al sondaggio condotto da Hunters Group, società di ricerca e selezione del personale su oltre 2500 persone, i lavoratori italiani cercano la flessibilità oraria: a dirlo il 42% degli intervistati.

Insieme allo smart working, che soddisfa il 21% delle persone, emerge poi una delle soluzioni che viene incontro ai desideri dei dipendenti: i buoni acquisto che piacciono al 30% degli intervistati.

I ticket welfare per il work-life balance

Ci sono altre azioni che l’azienda può mettere in campo per facilitare il work-life balance. Per esempio, grazie ai voucher welfare di Edenred i dipendenti hanno la possibilità di frequentare una palestra, un corso di yoga o qualsiasi altra attività culturale o per il tempo libero che permetta di dedicare del tempo a se e alla propria vita privata.

Senza alcun anticipo di denaro, il dipendente potrà fruire di servizi per se e la propria famiglia, scegliendo tra diverse strutture convenzionate o segnalando la sua preferita per richiederne il convenzionamento.

Un ottimo modo per dare il proprio contributo come azienda al raggiungimento di un delicato equilibrio che valorizza sia la dimensione personale che professionale.