Il lento miglioramento che si può osservare nel superare il divario di genere relativo alla partecipazione economica in azienda è dovuto all’aumento di donne in posizioni specialistiche e ai piccoli progressi verso la parità salariale. Tuttavia, le disparità di reddito non sono ancora state colmate e si può riscontrare anche una persistente mancanza di donne in posizioni di leadership.
Una delle cause più importanti di questa disuguaglianza è la sottorappresentazione femminile nel mercato del lavoro, nonostante questo sia un importante canale per il loro empowerment economico, utile a costruire organizzazioni inclusive e innovative.
Per raggiungere l’obiettivo di una riduzione del gender gap nelle aziende, il welfare può essere un grande alleato. Esistono, infatti, delle misure pensate per andare incontro alle esigenze del personale, ma soprattutto delle donne lavoratrici, aiutandole a gestire il work-life balance; oltre a strumenti di valutazione delle politiche per la parità di genere nei luoghi di lavoro, che possono aiutare a superare il gender gap, abilitando nel contempo le aziende agli audit di certificazione.
Ma prima di vedere quali sono, cerchiamo di capire cosa si intende oggi per parità di genere e qual è la situazione in Italia.
Cos’è la parità di genere
Con il termine “gender gap” si fa riferimento al divario esistente tra uomini e donne in tanti differenti ambiti della vita quotidiana: dall’educazione al lavoro, dalla salute all’economia, alla politica e che porta alla mancata parità di genere.
Uno strumento molto utile per analizzare i dati relativi a questa tematica è il Global Gender Gap Report, introdotto dal World Economic Forum con l’obiettivo di fornire un quadro completo sul fenomeno del divario di genere in tutto il mondo.
Nel Report 2022 vengono raccolti i dati di 146 Paesi in tutto il mondo relativi a quattordici indicatori divisi in quattro dimensioni – salute e sopravvivenza, rendimento scolastico, partecipazione economica e opportunità, empowerment politico. A livello globale si sottolinea come per il raggiungimento della parità di genere serviranno ancora 132 anni.
Il lavoro deve, quindi, essere il focus per l’impostazione e lo sviluppo di politiche di miglioramento, consapevoli del forte impatto negativo causato in particolare dalla pandemia sulle donne in un contesto già compromesso: le lavoratrici, infatti, stanno impiegando più tempo rispetto alla controparte maschile nel tornare ai livelli di occupazione di inizio 2020.
A che punto siamo in Italia con la parità di genere
L’Italia si posiziona al 63esimo posto, mantenendo lo stesso livello della classifica del 2021 e collocandosi dopo Uganda (61esima) e Zambia (62esima).
A livello europeo, tra i vari indicatori analizzati, solo per quanto riguarda l’empowerment politico l’Italia registra risultati sopra la media tra gli Stati Membri e si posiziona al diciottesimo posto. Per il rendimento scolastico occupa, invece, il diciannovesimo posto e si colloca al ventesimo posto per salute e sopravvivenza.
Il dato relativo alla partecipazione economica e al lavoro è senza dubbio il più negativo, con l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea, in conseguenza dei risultati molto sotto la media in tutti e cinque gli indicatori che compongono la dimensione. Quest’ultimo dato è in linea anche con l’ultimo ranking proposto da EIGE: osservando la dimensione lavoro, pur analizzando indicatori diversi rispetto a quelli proposti dal World Economic Forum, la situazione dell’Italia non cambia e si conferma all’ultimo posto a livello europeo.
Riuscire a colmare il divario e andare in ottica della parità di genere significa investire anche nella prosperità nazionale.
I Paesi che investono di più nel capitale umano tendono a essere più in crescita e, nella fattispecie, ciò viene confermato dal confronto tra l’indice di parità di genere riportato dal Global Gender Gap Report 2022 e il PIL pro-capite dei Paesi, dove si può osservare un’apprezzabile relazione positiva tra parità di genere e reddito pro capite.
Quali sono le cause della mancata parità di genere?
Analizzando nel dettaglio il mercato del lavoro italiano, i dati evidenziano come le donne trovino meno lavoro o interrompano la ricerca più velocemente rispetto agli uomini e il dato aumenta tra le lavoratrici e i lavoratori senza laurea.
Ma quali possono essere le cause della mancata parità di genere? Il tema affonda le radici negli stereotipi insiti nella nostra cultura: esistono ancora, infatti, dei sistemi valoriali che tendono a legittimare l’idea che le donne siano più coinvolte nelle attività famigliari e nella cura della casa, a discapito di un ruolo importante nel mercato del lavoro.
Questo spinge ad esempio tante donne a non lavorare o a cercare dei lavori che permettano la soluzione part-time, in modo da riuscire a occuparsi dei figli o dei genitori anziani.
A cosa mira l’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030?
Il tema della parità di genere rientra anche tra i 17 obiettivi sostenibili dell’Agenda 2030 e dimostra quanto sia importante oggi raggiungere l’uguaglianza e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze del mondo. In particolare l’Obiettivo 5 mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, a eliminare tutte le forme di violenza verso le donne e le ragazze (compresi i matrimoni forzati e precoci, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili) e far sì che ci sia uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione.
Un altro traguardo da raggiungere è il riconoscimento e la valorizzazione della cura e del lavoro domestico non retribuito grazie al servizio pubblico, alle infrastrutture, alle politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie. Così come altrettanto importante è poter garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership a ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica. In modo da eliminare la disparità di genere nel lavoro, ma anche nella conduzione della vita in generale.
Un traguardo importante che si lega a un altro aspetto della mancata uguaglianza tra i generi: la differenza salariale tra donne e uomini che ricoprono lo stesso ruolo.
Parità salariale e gender pay gap
Con il termine gender pay gap si fa riferimento al divario retributivo di genere, ossia la differenza media tra i salari percepiti dalle donne e dagli uomini che svolgono un lavoro dipendente e di conseguenza alla mancata parità salariale.
Secondo il rapporto biennale Global Wage Report dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, la differenza salariale fra uomini e donne è del 20% su scala mondiale. Il calcolo di questo dato, spesso, risulta difficile, in quanto bisogna prendere in considerazione diversi fattori, quali: le diverse modalità di misurazione della retribuzione nei vari paesi, il tipo di mansione che si svolge, la possibilità di accesso all’istruzione e quante ore si lavora.
Per calcolare questo dato, inoltre, occorre distinguere tra due parametri:
- Unadjusted gender pay gap: questo misuratore considera solo il salario medio;
- Adjusted gender pay gap: in questo caso si vanno ad analizzare anche i fattori che influenzano il salario.
Esistono diversi elementi che incidono su questo dato su cui bisognerebbe riflettere.
Per la stessa posizione lavorativa, una donna viene valutata meno rispetto ad un uomo, inoltre, le donne tendono a lavorare in settori che prevedono una retribuzione inferiore. Altro elemento fondamentale è rappresentato dalle difficoltà che le donne trovano nel raggiungimento di posizioni di vertice.
Per poter agire su questi fattori e raggiungere la gender equality bisognerebbe lavorare per contrastare le idee culturali discriminatorie ancora insite nella nostra società, ricorrere a forme di lavoro flessibili, introdurre processi in azienda per riconoscere l’importante ruolo delle donne e creare parità salariale.
Anche il welfare aziendale può dare un enorme contributo nel ridurre il gender gap. Scopri di più con una consulenza gratuita.
Glass ceiling e sticky floor: come influiscono sul divario di genere
Due fenomeni che incidono in maniera negativa sul divario di genere sono denominati “sticky floor” e “glass ceiling”.
Le due parole sticky floor fanno riferimento al restare ancorati in posizioni lavorative con un basso reddito, mentre con glass ceiling si intendono le difficoltà riscontrate nell’avanzare di livello, verso le posizioni di leadership.
Il fenomeno del glass ceiling è rilevante in tanti Paesi dell’Europa settentrionale e occidentale, mentre lo sticky floor evidenzia un divario soprattutto nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. Risulta evidente, quindi, che questi due fenomeni causino un aumento delle disparità di genere.
Quanto costa la mancata parità di genere?
Per questo motivo bisogna pensare a delle misure per colmare il gap, ponendo attenzione alla creazione di politiche per il sostegno alla genitorialità, aiutando i lavoratori e le lavoratrici a gestire meglio il work-life balance, promuovendo leggi sulla trasparenza retributiva, nonché misure per affrontare gli stereotipi di genere.
La legge 162/2021 ha riformato il Codice delle pari Opportunità prevedendo l’obbligo per le aziende private che impiegano più di 50 dipendenti di redigere, con cadenza biennale, un rapporto sulla situazione del personale (stato assunzioni, formazione, promozione professionale, livelli, passaggi di categoria o di qualifica).
L’art. 46 bis del codice delle pari Opportunità – introdotto dalla L. 162/2021 – prevede la possibilità per le imprese che redigono il rapporto di ottenere la certificazione della parità di genere, «al fine di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere in relazione a opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità».
La legge 162 ha inoltre previsto delle misure di premialità per le aziende, ecco quali:
- sgravio contributivo fino a euro 50.000 per il datore di lavoro;
- assegnazione di un punteggio aggiuntivo per ottenere finanziamenti su fondi europei, nazionali o regionali e aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti;
- assegnazione di un punteggio premiale per l’aggiudicazione di gare d’appalto.
Ridurre il gender gap: la gender equality in azienda
Il 16 marzo 2022 è stata pubblicata la Prassi di Riferimento (PdR) UNI 125:2022 sulla Parità di Genere che prevede la misurazione, la rendicontazione e la valutazione dei dati relativi al genere all’interno delle organizzazioni.
Edenred, in partnership con IDEM, offre un percorso di assessment per valutare la situazione della tua azienda e per definire le azioni di miglioramento organizzativo per ottenere l’attestato di Certificazione Idem®. Il percorso potrà anche includere l’analisi di compliance per il rilascio della certificazione UNI PDR 125:2022.
Il percorso prevede l’analisi di 40 variabili (popolazione aziendale, ruoli, retribuzione, flessibilità oraria, turnover).
L’obiettivo è avviare un percorso sistemico di cambiamento culturale, che comporta numerosi vantaggi non solo per il benessere dei dipendenti, ma anche per la crescita delle aziende.
Tra i principali motivi per aderire:
- leva per ridurre il turnover e attrarre nuovi talenti;
- crescita della reputazione aziendale;
- maggiore competitività sul mercato;
- possibilità di ottenere migliori punteggi nella partecipazione a gare pubbliche.
Il ruolo del welfare aziendale per la parità di genere
Esiste una stretta relazione tra il welfare aziendale e la parità di genere: sono state introdotte, infatti, delle misure di welfare a cui le aziende possono ricorrere, pensate per andare incontro alle esigenze non solo delle donne lavoratrici, per aiutare le persone a gestire il work-life balance, come baby-sitting per i figli più piccoli o assistenza per genitori anziani o familiari non autosufficienti.
Sapevi che il welfare aziendale può contribuire a diminuire il gender gap? Scopri come con una consulenza gratuita.
Attraverso il welfare aziendale si possono garantire diverse iniziative, come l’introduzione di asili nido interni all’azienda, con l’obiettivo di aiutare i genitori a conciliare lavoro e vita familiare, misure per l’aiuto nell’assistenza agli anziani, accesso a programmi di sostegno psicologico in supporto alla maternità e al post partum e flessibilità negli orari lavorativi.
Edenred, da sempre impegnata a migliorare il benessere e la qualità di vita delle persone, ha ottenuto la certificazione del Modello per la Gender Equality di IDEM, dimostrando di mettere al centro della sua politica aziendale il tema della parità di genere e dell’empowerment femminile.
Il welfare di Edenred con le sue soluzioni pensate per garantire il benessere di aziende e dipendenti si impegna nel diffondere la parità di genere puntando una cultura dell’inclusività, con l’obiettivo di mostrare il rispetto verso tematiche importanti e l’adozione di misure volte a contrastare la differenza di genere.
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