Per turnover aziendale, nell’ambito del mondo del lavoro e delle risorse umane, s’intende il flusso di personale che transita, in ingresso e in uscita, all’interno di un’azienda. Non tutti i tipi di turnover però sono uguali e soprattutto è bene sapere che, in un mondo del lavoro in continua trasformazione, il welfare aziendale può dare un importante contributo alla riduzione.
Come? Scopriamolo in questo articolo, cercando prima di tutto di capire cosa si intenda per turnover aziendale, quali sono i segnali a cui prestare attenzione e quali strategie mettere in atto.
Qual è definizione di turnover aziendale?
Le tipologie di turnover possono essere diverse:
- turnover fisiologico, quando è legato a processi naturali come pensionamenti, licenziamenti e assunzioni e che possono perciò essere programmati dall’azienda;
- turnover patologico, invece, si ha quando la rotazione del personale raggiunge livelli alti e dannosi, per problematiche interne e spesso riconducibili a questioni di clima aziendale/organizzativo o a errate politiche aziendali. Dai salari troppo bassi alla mancanza di benefit adeguati, sino ad ambienti di lavoro stressanti e poco motivanti.
Fattori estremamente importanti per ogni HR, imprenditore e manager, utili a fotografare il livello di attrattività di un’organizzazione, ossia il cosiddetto employer branding, ma anche a rintracciare i segnali di possibili disagi interni su cui intervenire.
Come cambia lo scenario del turnover aziendale nel 2024
Negli ultimi anni sono nate nuove esigenze, si dà maggiore priorità al proprio benessere e si è più selettivi nel valutare la reputazione di un’azienda e i benefit che questa mette a disposizione.
Analizzando il mercato del lavoro, secondo i dati provvisori dell’Istat, diffusi a febbraio 2024, rispetto al mese precedente il mercato del lavoro segna una nuova crescita dell’occupazione: +41mila unità, grazie soprattutto a nuove assunzioni stabili. Secondo l’Istituto di Ricerca, tuttavia, il dato è aumentato solo per gli uomini (+54mila unità), mentre per le donne si registra una diminuzione (-13mila unità).
È cresciuto anche il numero di persone in cerca di lavoro (+2,5%, pari a +46mila unità) e il tasso di disoccupazione totale sale al 7,5% (+0,2 punti), mentre calano gli inattivi di -0,2 punti (33,0%).
Appare evidente che agire dunque con iniziative di employer branding capaci di aumentare l’appeal dell’azienda come posto di lavoro desiderabile per i candidati, può evitare un tasso di abbandono alto, facendo in modo che:
- dipendenti e collaboratori siano soddisfatti, coinvolti e motivati;
- i talenti si sentano trattenuti e valorizzati;
- ci sia maggiore trasparenza e si instauri un rapporto di fiducia tra azienda e risorse;
- si possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi aziendali, migliorando le performance.
Sempre più importanza, poi, assume il concetto di wellbeing che influisce sul turnover aziendale. Garantire il benessere dei propri dipendenti, sia fisico che dal punto di vista emotivo e psichico è fondamentale per evitare situazioni di grande stress e ansia, così come tassi di assenteismo per poi arrivare al gesto “senza ritorno”: abbandonare l’azienda perché non si sta più bene.
Bisogna evitare che questo avvenga, ecco perché le Direzioni HR devono aumentare gli sforzi per prendersi cura delle persone, coinvolgerle e garantire la sostenibilità dei modelli di lavoro.
Tutto questo è possibile grazie a un’organizzazione del lavoro flessibile e che tenga conto dei bisogni delle persone, a una formazione costante, all’evitare il sovraccarico mentale con una giusta suddivisione dei compiti, ma anche grazie a programmi welfare specifici.
Come calcolare il turnover nella tua azienda?
Una risorsa che sta bene e apprezza la propria azienda difficilmente la lascia, ma è importante tenere sempre sotto controllo l’andamento generale.
Per calcolare il tasso di turnover basta fare il rapporto tra la somma di assunzioni e cessazioni avvenute in un periodo specifico e l’organico medio dello stesso periodo, moltiplicando per 100.
Una ricerca molto interessante sul tema è quella realizzata da Assolombarda “I numeri per le risorse umane – 2023” con l’obiettivo di monitorare il mercato del lavoro.
Dall’analisi emerge che, nel 2022, nelle imprese lombarde è stato registrato un tasso di turnover medio del 23,7%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al 23,9% del 2021. Il valore è più alto nelle aziende di medie dimensioni (30,8%) e nelle aziende che si occupano di servizi (25,3%).
Il tasso di turnover volontario è mediamente pari al 6,2%: questo fenomeno è in crescita rispetto agli anni precedenti. Dal confronto con le edizioni passate, emerge come il turnover volontario sia salito dal 4,2% nel 2019, al 4,3% nel 2020, al 5,1% nel 2021, fino al 6,2% nel 2022.
Il dato varia, inoltre, in funzione della dimensione aziendale: è più alto nelle realtà di piccole (9,8%) e medie dimensioni (9,8%), mentre nelle grandi imprese è più basso (5,8%).
Esiste però anche un’altra variante di turnover positivo, che vale la pena isolare in quanto serve a misurare le nuove assunzioni e a dare un quadro generale completo e attendibile circa la situazione relativa al turnover.
In questo modo, si può creare uno storico e monitorare l’andamento nel tempo, valutando quando e come prendere provvedimenti in base alla variazione del tasso di ricambio.
Strategie e soluzioni per ridurre il turnover
Come favorire il benessere organizzativo? Il welfare aziendale, ancora di più nel corso degli ultimi anni, ha giocato e continua a giocare un ruolo cruciale, rappresentando un ottimo modo per rendere l’azienda un “great place to work”, ovvero un posto piacevole dove lavorare.
Oltre alla costruzione di piani aziendali e piattaforme su misura, adatte alle diverse esigenze, un grosso contributo arriva dai fringe benefit.
Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Welfare 2023 di Edenred, la spesa in fringe benefit è triplicata rispetto all’anno precedente, raggiungendo ben il 60% tra chi ha meno di 30 anni, e il 32% tra gli over 60. Al netto di questi risultati, è stato evidenziato come i fringe benefit siano cresciuti in maniera esponenziale, occupando il primo posto tra le voci di spesa dei flexible benefit, seguiti dall’area ricreativa e dall’istruzione.
Grazie ai fringe benefit, infatti, i collaboratori possono decidere di fare ogni genere di shopping, la spesa quotidiana e persino il rifornimento di carburante, avendo così un supporto concreto nella gestione della quotidianità.
Inoltre, il fatto che i flexible benefit siano sempre più presenti all’interno dei contratti collettivi nazionali, come il CCNL metalmeccanici, fa capire quanto possano essere determinanti per il clima interno.
Un’azienda che si prende cura dei dipendenti, offrendo diversi benefit aziendali dedicati al benessere fisico, alla salute, alla cultura e al tempo libero è un’azienda inclusiva, capace di prendersi a cuore le sue persone, realizzando soluzioni che mettano ognuno nella condizione di dare il meglio di sé, migliorando quindi le performance.
Allo stesso modo anche i buoni pasto influiscono positivamente nel ridurre il turnover, non solo perché offrono un ulteriore sostegno al reddito, ma anche perché danno la possibilità di fare un break, scoprire nuove cucine e creare allo stesso tempo momenti di condivisione tra colleghi durante la pausa pranzo, fuori dall’ufficio.
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