Nel corso degli ultimi 40 anni il buono pasto è diventato parte integrante del patrimonio sociale della pausa pranzo e ha acquisito una forte valenza socio-economica in grado di far evolvere gli stili alimentari e sostenere l’economia locale.
Apprezzato da aziende e lavoratori, fin dalle sue origini, ha portato benefici a tutti gli attori del sistema: alle aziende che ottimizzano i costi di gestione di una mensa aziendale, alle famiglie che hanno un sostegno al loro potere di acquisto e al territorio, in cui si incentivano i consumi.
Il buono pasto? La prima forma di welfare
Ecco perché il buono pasto può essere considerato la prima forma di welfare, un benefit che le aziende non dovrebbero cessare di erogare, soprattutto in un periodo di emergenza sanitaria ed economica, in quanto corrisponde a una mensilità in più rispetto allo stipendio medio.
In un momento in cui le famiglie sono propense al risparmio, strumenti come i buoni pasto sono importanti perché drenano risorse sui consumi e possono favorire la ripresa dei settori più colpiti dalla crisi economica, tra cui la ristorazione.
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Garantisce equità di trattamento e spinge a pasti completi ed equilibrati
È importante dunque il riconoscimento dei buoni pasto anche ai lavoratori in smart working. Questo per garantire equità di trattamento tra dipendenti e collaboratori e aumentare la possibilità di consumare pasti completi ed equilibrati in pausa pranzo, senza vincoli di orario, di luogo o fruizione.
In quest’ottica, peraltro, è andato anche il Ministero del Lavoro che, il 7 dicembre 2021, ha raggiunto un accordo con le parti sociali per la creazione del primo “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” nel settore privato.
Tra i vari aspetti che sono stati definiti da questo protocollo la parità di trattamento e le pari opportunità tra chi svolge il suo lavoro in sede e chi in smart working.
La parità di trattamento, come spiegato dall’articolo 9 del Protocollo, riguarda sia l’aspetto economico sia normativo nonché il fatto che, indipendentemente da dove lavorino, i dipendenti debbano avere le stesse forme di welfare aziendale e di benefit previste dalla contrattazione collettiva. Tra questi rientrano per l’appunto i buoni pasto.
Lo smart working “semplificato” è stato poi oggetto di diverse proroghe. Oggi, l’approvazione del Decreto Aiuti-Bis consente ai lavoratori fragili e ai genitori con almeno un figlio under 14 di usufruire di questa modalità lavorativa fino al 31 dicembre 2022.
Alcune aziende si spingono oltre permettendo a tutti i propri dipendenti di lavorare in smart working continuando a ricevere benefit come il buono pasto.
È bene ricordare, infatti, che secondo quanto regolamentato per il settore privato, il lavoro agile non esclude la possibilità, da parte delle aziende, di erogare i buoni pasto ai propri dipendenti e collaboratori.
L’esenzione da contributi fiscali e previdenziali (fino alle soglie previste) rendono i buoni pasto soluzioni efficaci per aumentare il potere d’acquisto delle persone, che possono utilizzarli non solo per la pausa pranzo, ma anche per la spesa.
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Buoni pasto e smart working nella Pubblica Amministrazione
Se per i dipendenti del settore privato l’introduzione dello smart working non esclude la possibilità di ricevere i buoni pasto, per i dipendenti della Pubblica Amministrazione le nuove regole sono diverse.
Nel settore pubblico, infatti, il lavoro agile comporta la rinuncia a percepire i buoni pasto. La ragione dipende dal fatto che questa modalità di lavoro non è legata a vincoli di orario.
Da qui la scelta di molti dipendenti statali di non usufruire del lavoro agile per non perdere il buono pasto, un benefit ormai considerato parte della propria retribuzione e che rappresenta un valido sostegno economico per le spese quotidiane.
Un sostegno al lavoro ibrido e all’economia del Paese
Sempre più aziende del settore privato adottano un modello di lavoro misto, che prevede l’alternarsi di giorni di presenza in ufficio e giorni di smart working, in cui il buono pasto resta un diritto del lavoratore.
Questo benefit è un valido contributo per le famiglie e soddisfa il bisogno primario dell’alimentazione. Rappresenta, inoltre, uno stimolo ai consumi del settore alimentare perché, per sua natura, non può essere risparmiato.
In questo momento è dunque importante continuare ad aiutare l’economia del Paese, incentivando la spesa delle famiglie e indirizzandola verso gli attori economici locali che maggiormente sono stati colpiti dalla crisi. L’uso dei buoni pasto è, dunque, un mezzo fondamentale per la ripartenza dell’economia, in particolare quella di prossimità.
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