Che lo si dica all’italiana “Grandi Dimissioni”, o strizzando l’occhio al mondo anglosassone con Great Resignation, il fenomeno esiste ed è di grande attualità. Anche se per quel che riguarda il nostro Paese bisogna fare le dovute differenze rispetto al mondo americano dove, a partire dal 2021 si è assistito a un vero e proprio problema di dimissioni di massa.
Da parte di persone che spesso non hanno ancora un nuovo impiego, ma che, complice la crisi scatenata dalla pandemia, hanno deciso di mollare tutto. A volte dando vita a iniziative personali al grido di You Only Live Once (si parla infatti anche di Yolo economy).
Cerchiamo di capire di più sulle grandi dimissioni, sulle caratteristiche italiane di questo fenomeno, perché continua a crescere e soprattutto come contrastarlo, anche avvalendosi del welfare aziendale e tenendo in considerazione alcune iniziative legate alla cultura aziendale.
Cosa sono le grandi dimissioni o Great Resignation
Le Grandi Dimissioni colpiscono per quell’aggettivo, grandi, che fa capire come non si tratti affatto di un fenomeno isolato e da trascurare. Aggettivo che si ritrova anche nell’altro modo di definire tutto ciò, ossia Big Quit.
Stando a quanto dice McKinsey, per quel che riguarda gli USA si sarebbe trattato, tra l’aprile e il settembre del 2021 – quando si cominciò a parlare del fenomeno – di 19 milioni di persone che lasciarono il lavoro con 4,5 milioni che le hanno seguite nel mese di novembre.
Su questa “rivoluzione” nel mondo del lavoro ha sicuramente influito la pandemia che ha portato a una crisi economico-sociale da un lato difficilmente prevedibile.
Ma non solo, probabilmente quello che abbiamo vissuto in quegli anni ha fatto emergere aspetti della gestione del lavoro che non erano del tutto condivisi dai dipendenti e sui quali, prima di un evento così epocale e imprevedibile, si passava oltre.
Basti pensare allo smart working che, come diciamo sempre su questo blog, è e deve essere uno strumento di welfare che però, prima del Covid, non era così largamente diffuso. Diventato quasi l’unica condizione per lavorare durante il 2020 e il 2021, per quelle professioni che si possono svolgere in questa modalità, continua a essere molto richiesto ed è adesso difficile tornare al pre-pandemia.
Anche visto e considerato che, come emerge da una ricerca condotta da Reverse, azienda nel settore della ricerca e selezione del personale, quando si parla del futuro il 75% dei lavoratori trova che la scelta migliore sia una gestione del lavoro mista, in parte in modalità smart e in parte in presenza, in base all’attività prevista.
La Great Resignation in Italia: i numeri
Per quel che riguarda l’Italia, molto interessante è la ricerca HR Trends & Salary Survey di Randstad Professionals che mostra come il fenomeno è tutt’altro che concluso, a dispetto di quanto forse inizialmente si credesse.
Dalla ricerca emerge che per quel che riguarda la “Great Resignation”, il 44% delle organizzazioni registra un aumento di dimissioni volontarie negli ultimi 12-18 mesi: nel 76% dei casi si tratta di Millennials, meno tra la Generazione-X (28%) e dalla Gen-Z (27%), solo nel 2% dei casi tra Baby Boomers.
Tra le cause principali ci sono l’insoddisfazione, la demotivazione e la mancanza di obiettivi. In metà delle organizzazioni, le dimissioni incidono su livelli di performance aziendale e sul clima interno.
Stando sempre alla ricerca, sebbene le Grandi Dimissioni siano considerati dai direttori HR un fenomeno più “mediatico” che reale, sono in aumento secondo il 49% degli HR, ma anche secondo il 53% dei candidati.
Cosa spinge gli Italiani a lasciare il posto di lavoro
Le motivazioni principali sono l’insoddisfazione per la mancanza di gratificazione (47%), la demotivazione (34%) e la mancanza di obiettivi chiari e condivisi (30%).
Le aziende, a ogni modo, tendono ad associare il fenomeno alla volontà, in particolare dei giovani, di cogliere nuove opportunità lavorative.
In un’organizzazione su due le dimissioni volontarie hanno avuto un impatto significativo sul mantenimento dei livelli di performance, con ripercussioni sul clima interno. L’effetto principale riguarda il carico di lavoro, aumentato per il 32% degli HR (vs 34% dei candidati). Tra le altre conseguenze il desiderio di emulazione (18% vs 15%), e demotivazione (17% vs 19%).
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Come contrastare le Grandi Dimissioni
Tutti gli HR individuano nella flessibilità del modello organizzativo la soluzione principale alla soddisfazione dei dipendenti e alla possibilità di essere in linea con le attese delle nuove risorse.
Tuttavia, poco meno di 1 HR su 3 ritiene che le opportunità offerte della propria azienda incontrino pienamente le aspettative dei lavoratori, e la quota scende considerando i più giovani.
E solo il 34% delle aziende riconosce un buon livelli di benessere e serenità nella sua organizzazione (era il 53% nel 2021). Nel dettaglio, gli elementi di benessere garantiti in azienda sono secondo gli HR soprattutto la sicurezza sul posto di lavoro (62%) e la sicurezza del posto di lavoro (57%), il senso di appartenenza e il work-life balance (entrambi al 47%).
Elementi simili anche secondo i candidati, tra cui però non figura la sensazione di appartenenza. Secondo sia i responsabili Risorse umane che i candidati le principali fonti di malessere organizzativo sono il sovraccarico di lavoro e la mancanza di obiettivi chiari e condivisi.
Un grande aiuto per contrastare le Grandi Dimissioni, inoltre, viene sicuramente dal welfare aziendale oltre che dal lavorare sulla cultura aziendale, sul clima e sui nuovi spazi di lavoro.
Il ruolo del welfare aziendale
Alla luce di quanto abbiamo appena detto, un’azienda che vuole contrastare il fenomeno delle Grandi Dimissioni deve sicuramente puntare su avere attenzione e cura delle persone che lavorano per essa.
Può fare questo attraverso dei benefit aziendali che favoriscano il work-life balance per e possono concretamente migliorare la vita di dipendenti e collaboratori.
Tra questi: il sostegno per le spese scolastiche dei figli, assistenza familiare per i genitori dei dipendenti non autosufficienti, servizi di baby-sitting, nidi aziendali.
E ancora: incentivi alla mobilità sostenibile grazie al trasporto pubblico o a servizi di car sharing e car pooling.
Una mobilità che non è di certo in contrasto con il rientro in ufficio, ma che va di pari passo con una modalità di lavoro ibrido, per esempio, garantendo che gli spostamenti avvengono senza ulteriori costi per le persone.
Così come altrettanto importante, in un momento in cui l’attenzione verso la propria salute è sicuramente cresciuta, offrire un sostegno per le spese mediche sanitarie, sia per i dipendenti che per i familiari, è sicuramente molto attrattiva.
Ma i benefit aziendali e le soluzioni welfare non finiscono certo qui: piace molto ai dipendenti la possibilità di prenotare un viaggio con un voucher welfare o utilizzarlo per le attività culturali che man mano sono in ripartenza.
Oltre ai benefit aziendali, per contrastare il fenomeno della Great Resignation si possono utilizzare degli strumenti che aiutano a creare un clima aziendale positivo tra i colleghi.
Tra questi per esempio i buoni pasto per una pausa pranzo nei pressi dell’ufficio che diventi un momento di condivisione e di incontro dopo il tanto tempo trascorso lontani e vedendosi solo tramite uno schermo. I buoni pasto, poi, sono uno strumento prezioso di integrazione al reddito: possono essere utilizzati per la spesa alimentare, in modalità esentasse (fino a 8 euro per i buoni pasto elettronici, 4 per i cartacei), sia nei supermercati che anche per fare le spesa online o per il food delivery.
Senza dimenticare i buoni acquisto, altro supporto prezioso che un dipendente o collaboratore può utilizzare per comprare ciò che più gli serve: libri, viaggi, complementi di arredo, strumenti per il bricolage. Questi sono solo esempi perché il loro impiego è vasto e riguarda anche il carburante.
Con i buoni acquisto, infatti, un’azienda va anche nella direzione del bonus benzina 2022: voucher che un’azienda, di qualsiasi dimensione, riconosce ai propri dipendenti per fare rifornimento di carburante fino a 200 euro all’anno senza tasse né contributi previdenziali. Una cifra che, per tutto quest’anno, va ad aggiungersi ai fringe benefit esenti fino a 258,23 euro.
L’importanza del giusto clima aziendale
Oltre ai benefit aziendali, per contrastare le Grandi Dimissioni, bisogna lavorare molto sia sulla cultura aziendale che sul clima aziendale.
I singoli benefit infatti vanno inseriti in un contesto più ampio in cui si cerchi non solo di dare qualcosa di concreto e tangibile, ma anche di ascoltare cosa vogliono le persone.
Ecco perché conta molto condurre delle indagini interne, prevedere degli incontri continui tra il personale HR e i dipendenti, lavorare sul wellbeing aziendale, cercare di progettare insieme alle persone come vogliono che sia il loro posto in azienda.
Ove possibile, è importante capire se sia il caso di attuare una modalità ibrida o prevedere delle settimane di full remote, qualora per la persona sia importante lavorare dalla casa che ha affittato mentre era in pandemia – per fare un esempio – o se diventa fondamentale, per i motivi più svariati, non essere costretti ad andare in ufficio.
Così come di contro, se ci sono persone che hanno bisogno di tornare in azienda sia per via delle attività che svolgono che per allontanarsi da quell’abitazione dove passano fin troppo tempo, si può in questi casi pensare a una modalità di lavoro che sia quasi del tutto in presenza.
Inoltre, bisogna pensare a riorganizzare gli spazi, in modo che l’ufficio diventi la sede di incontro per persone che hanno l’esigenza di lavorare insieme a un progetto, senza che debbano prenotare settimane prima. Una sede di lavoro che diventi sempre più adatta a quello che succede e sempre meno disegnata a priori.
Percorsi di carriera strutturati e personalizzati
Altrettanto importante è costruire percorsi di carriera strutturati e non definiti a priori.
Come evidenziato dalla ricerca di Randstad, non per tutti è importante avere delle persone da gestire e “salire di livello”, per molti può esserlo di più lavorare in modalità ibrida e accrescere le proprie competenze.
Un piano di retention delle persone deve considerare questo e tutti gli altri fattori così come lavorare molto sulla formazione. Non solo in ottica di reskilling, ossia di acquisizione di nuove competenze, ma anche di upskilling, aggiornamento delle competenze, magari progettando insieme alle persone i percorsi in modo da renderle partecipi e propositive.
Ingaggiare i dipendenti vuol dire renderli sempre più protagonisti di ciò che vivono ogni giorno e farli sentire davvero parte di qualcosa. Cosa che è possibile anche a distanza, se si lavora sulla vera motivazione per cui si fa quel lavoro anziché un altro.
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