Buoni Pasto
6 Feb 2024
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Cos’è la pianificazione fiscale e perché è utile a tutti i tipi di imprese

La pianificazione fiscale è un insieme di comportamenti che possono essere adottati per ottimizzare il proprio carico tributario. I buoni pasto e i buoni acquisto sono tra gli strumenti per una lecita pianificazione fiscale. Vediamo di cosa si tratta.
Autore
Cristina Maccarrone
pianificazione fiscale

Spesso quando si parla di pianificazione fiscale si pensa che sia qualcosa di molto complesso, non adatto a tutte le realtà economiche, ma solo alle grandi imprese o addirittura alle multinazionali che operano su scala internazionale. Invece, mettere in atto un’utile strategia fiscale interessa davvero tutti, dall’imprenditore individuale titolare di una piccola impresa, alle grandi società titolari di migliaia (o milioni) di rapporti di lavoro dipendente.  

Con l’aiuto di Massimiliano Allievi, dottore commercialista, cerchiamo di capire cosa si intende nello specifico quando si parla di pianificazione fiscale, perché è importante farla e quali sono i modi per portarla avanti. Infine, vedremo come i buoni pasto e i buoni acquisto possono essere degli strumenti di pianificazione fiscale molto convenienti. 

Cos’è la pianificazione fiscale e per chi è adatta

Con queste due parole, se vogliamo dare una definizione da “vocabolario” (nel nostro caso quello delle Edizioni Simone), si intende il comportamento del contribuente che vuole sfruttare le proprie fonti di reddito per ridurre quanto più possibile il carico fiscale, nel rispetto della legge. 

Infatti, il contribuente che riesce ad avvalersi, in maniera lecita, della strategia fiscale più conveniente, realizza un legittimo risparmio d’imposta, coerente, tra l’altro, con il principio di libertà d’iniziativa economica (art. 41 Cost.).

 
 

È necessario, quindi, ai fini di una pianificazione fiscale legittima, conoscere le regole del gioco, ossia gli strumenti fiscalmente più adatti di cui avvalersi in via preventiva, per non arrivare impreparati al momento in cui si dovranno essere adempiuti i propri obblighi tributari. Il tutto in modo assolutamente legale.

Per chi è adatta la pianificazione fiscale? Sostanzialmente per tutti, non solo grandi imprese ma anche liberi professionisti titolari di partita Iva che, ovviamente, attueranno strategie diverse.

Come ricorda Allievi: “È quando si è piccoli che si ha ancora più bisogno di conoscere le regole del gioco per andare ad abbassare il più possibile la base imponibile e di conseguenze ridurre le tasse”.

Esempi di pianificazione fiscale

Cosa vuol dire in concreto fare pianificazione fiscale? Vediamo alcuni esempi forniti da Massimiliano Allievi.

Patent box

Il patent box è un regime opzionale, introdotto, per la prima volta, dalla Legge n. 190/2014 (Legge di stabilità 2015) e, da ultimo, modificato dalla Legge n. 234/2021 (Legge di bilancio 2022), che consente di maggiorare, ai fini delle Imposte sui redditi e dell’Imposta regionale sulle attività produttive, le spese sostenute dall’impresa in relazione a software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli, che siano utilizzati direttamente o indirettamente nello svolgimento della propria attività di impresa.

In particolare, i soggetti titolari di reddito d’impresa e titolari, altresì, del diritto allo sfruttamento economico dei beni immateriali, possono maggiorare del 110% le spese sostenute nello svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione ai menzionati beni immateriali. Il beneficio si sostanzia, quindi, in una variazione in diminuzione da effettuarsi in dichiarazione dei redditi e IRAP. 

TFM - Trattamento di Fine Mandato

Il TFM, ossia Trattamento di Fine Mandato, è un’indennità che può essere riconosciuta agli amministratori delle società, ossia a professionisti titolari di un rapporto di collaborazione, al termine del loro mandato.

Il TFM è sottoposto a un regime fiscale favorevole. Gli accantonamenti relativi al TFM sono, difatti, deducibili in capo alla società, nei limiti delle quote maturate nell’esercizio (secondo il principio della competenza economica), sempreché l’indennità risulti da atto scritto con data certa anteriore all’inizio del rapporto (art. 105, comma 4, TUIR, cfr. Ris. n. 124/2017).

In capo all’amministratore, invece, il TFM è soggetto al regime di tassazione separata (art. 17, comma 1, lett. c), TUIR), solo se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto (cfr. Risp. n. 292/2021); per l’eventuale importo eccedente il suddetto milione di euro, si applica, invece, la tassazione ordinaria, anche se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.

Inoltre, il versamento dei contributi previdenziali sulle somme erogate a titolo di TFM è differito al momento di percezione dell’indennità e non anno per anno, come avviene nel caso di percezione come compenso aggiuntivo.

Welfare aziendale

Come sappiamo, con welfare aziendale si identifica l’insieme dei benefit che il datore di lavoro può decidere di attribuire ai propri dipendenti per rispondere ai loro bisogni di base e migliorare il work-life balance.
Il ricorso al welfare aziendale è stato incentivato dal legislatore attraverso la leva fiscale, ossia sottoponendo i benefit menzionati a regimi fiscali particolarmente favorevoli; essi, difatti, da un lato, aumentano il potere d’acquisto dei dipendenti senza concorrere, in tutto o in parte, alla formazione del loro reddito,  e, dall’altro, sono interamente deducibili per il datore di lavoro. Tra i benefit più importanti è possibile annoverare i buoni pasto e i buoni acquisto.

Vediamo di capire come il welfare aziendale può aiutarti nella pianificazione fiscale. 

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I buoni pasto nella pianificazione fiscale

Utilizzare degli strumenti come i buoni pasto dà numerosi vantaggi sia ai datori di lavoro, che ai dipendenti e ai collaboratori.

I buoni pasto (Decreto Ministeriale 7 giugno 2017, n. 122) sono dei documenti di legittimazione attraverso cui viene erogato un servizio sostitutivo di mensa aziendale. Essi rappresentano, cioè, un’integrazione al reddito del lavoratore finalizzata all’erogazione di una prestazione di vitto.

Si tratta, dunque, di una soluzione pensata per garantire una pausa pranzo sana e sostenibile a tutti i lavoratori, sia in ufficio, che in smart working, utilizzabile in totale flessibilità. Dipendenti e collaboratori, infatti, possono utilizzare i loro buoni pasti in tutti i momenti della giornata, per acquistare il pranzo o per fare la spesa; nel caso dei buoni pasto Ticket Restaurant®, l’utilizzo è possibile in 150mila locali convenzionati (bar, ristoranti, food delivery, spesa online, takeaway) in tutta Italia, per acquistare cibo e prodotti alimentari. 

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Per quanto riguarda il trattamento fiscale dei buoni pasto in capo al datore di lavoro, sia esso una persona fisica (imprenditore individuale o libero professionista titolare di partita IVA) o una persona giuridica (società), che decida di attribuirli ai propri dipendenti,  presenta rilevanti vantaggi.
Ecco quali sono:

  • deducibilità al 100%, ai fini delle imposte dirette (artt. 54, comma 1 e 95, comma 1, TUIR), del costo sostenuto per l’acquisto dei buoni pasto, a condizione, però, che i buoni vengano erogati alla generalità o a categorie di dipendenti (cfr. Circ. n. 326/E/1997). Tali costi, in quanto strumento di welfare aziendale, sono qualificati come “spese per prestazioni di lavoro” quindi inerenti all’attività del datore di lavoro;
  • totale detraibilità dell’IVA addebitata dalla Società emettitrice i buoni pasto con aliquota al 4%;
  • massima semplicità gestionale.

Per quanto riguarda, invece, il trattamento fiscale dei buoni pasto in capo ai dipendenti e ai collaboratori, i buoni sono vantaggiosi perché:

  • danno il diritto di fruire di una prestazione pari al loro intero valore facciale: se il buono pasto è da 8 euro, il titolare deve utilizzare il buono per l’intero suo valore;
  • non concorrono alla formazione del reddito dei percettori, né sono imponibili ai fini previdenziali, fino alla soglia massima di 4 euro giornalieri, per i buoni pasto in formato cartaceo, e di 8 euro giornalieri, per i buoni pasto elettronici (art. 51, comma 2, lett. c), TUIR), sebbene tale regime di parziale esenzione sia applicabile solo se i buoni pasto sono riconosciuti alla generalità o a categorie omogenee di lavoratori (cfr. Circ. Min. n. 326/E/1997);
  • i buoni pasto in formato elettronico sono gestibili anche tramite app, nel caso di Edenred dall’App Ticket Restaurant®.

Anche per  gli imprenditori individuali e i titolari di partita Iva senza dipendenti che acquistino i buoni pasto per fruire di una prestazione di vitto, sussistono numerosi vantaggi:

  • i costi per l’acquisto dei buoni pasto sono deducibili, ai fini delle imposte dirette, fino alla misura del 75% (art. 54 comma 5, TUIR e art. 109, comma 5, TUIR), seppure tale deducibilità, per i titolati di reddito di lavoro autonomo, sia limitata a un importo non superiore al 2% dei compensi percepiti nel periodo d’imposta;
  • l’IVA addebitata dalla Società emettitrice dei buoni pasto con aliquota al 10% è detraibile dal titolare di partita IVA in misura integrale;
  • permettono una più semplice rendicontazione delle spese sostenute per il vitto, le quali risultano in un’unica fattura, quella relativa all’acquisto dei buoni pasto, e non più dagli innumerevoli documenti fiscali emessi di volta in volta dall’esercizio commerciale;
  • anche per i piccoli imprenditori è possibile usare i buoni pasto al bar, al ristorante o per fare la spesa.

I buoni acquisto nella pianificazione fiscale

Chiamati anche buoni spesa o buoni regalo, i buoni acquisto sono, come i buoni pasto, dei documenti di legittimazione, cartacei o elettronici, che attribuiscono a dipendenti e collaboratori il diritto di ricevere beni e di fruire di servizi, presso strutture convenzionate. Inoltre, il valore facciale dei buoni acquisto non è prefissato dal legislatore, ma variabile; i buoni acquisto possono, in altre parole, essere personalizzati.

Ecco quali sono i vantaggi fiscali e non dei buoni acquisto per i datori di lavoro che decidano di erogarli ai propri dipendenti:

  • deducibilità al 100%, ai fini delle imposte dirette, dei costi sostenuti per l’acquisto dei buoni (artt. 54, comma 1 e 95, comma 1 del T.U.I.R.): i buoni regalo sono, quindi, considerati spese per prestazioni di lavoro. come sarà di seguito specificato, essi rientrano, infatti, nella nozione di “fringe benefit” attribuibili al lavoratore;
  • possibilità di andare incontro alle esigenze di tutti i lavoratori (con figli, più giovani, single ecc…) e di contribuire alla loro soddisfazione personale e lavorativa, nonché alla loro produttività;
  • i buoni acquisto sono efficaci strumenti di fidelizzazione dei dipendenti e dei collaboratori. Funzionano anche in ottica di retention.

I vantaggi sussistono anche per i beneficiari dei buoni acquisto. Come accennato, i buoni acquisto concessi ai lavoratori quali integrazione del loro compenso sono da considerare “fringe benefit”, ossia veri e propri compensi in natura, accessori alla retribuzione ordinaria.

Essi, anche laddove assegnati mediante i buoni acquisto (art. 51, comma 3-bis, TUIR), infatti. non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente se complessivamente di valore non superiore, nel periodo d’imposta, a 258,23 euro (art. 51, comma 3, ultimo periodo, TUIR).
Questo vale in linea di massima, ma ricordiamo che, per il 2024, la Legge di Bilancio ha nuovamente modificato la soglia di esenzione per l’assegnazione dei fringe benefit da parte del datore di lavoro (art. 51, comma 3, prima parte dell’ultimo periodo, TUIR) fino a 1.000 euro, per i dipendenti senza figli a carico, e a 2.000 euro, per i dipendenti con figli a carico.

Peraltro, se tale limite viene superato, l’importo dovrà considerarsi interamente imponibile. Possono essere utilizzati, oltre che per lo shopping, anche per la spesa e per il carburante (i buoni Edenred Shopping in oltre 27.000 punti vendita e stazioni di servizio).

Oltre che per l’erogazione dei fringe benefit ai dipendenti, i buoni acquisto sono degli strumenti interessanti che consentono a imprese e professionisti di essere utilizzati come omaggi e regali ai propri clienti. Anche sotto questa veste, i buoni acquisto rappresentano un mezzo di pianificazione fiscale.
Al configurarsi di tali ipotesi, le spese sostenute per l’acquisto dei buoni regalo per omaggiare i propri clienti rientrano nella categoria “residuale” delle spese di rappresentanza e ne seguono il relativo trattamento fiscale (art. 1, comma 1, lett. e) del D.M. 19 novembre 2018, risposta ad interpello Agenzia delle entrate n. 519/2019).

Di conseguenza, trova applicazione l’art. 108, comma 2, TUIR, secondo cui le spese di rappresentanza sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento se rispondenti a determinati requisiti di inerenza.

Nel dettaglio, sono considerate inerenti le spese di rappresentanza per erogazioni di beni e servizi:

  • a titolo gratuito;
  • effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni;
  • il cui sostentamento sia in linea con i criteri di ragionevolezza in quanto idoneo a generare ricavi ed adeguato rispetto all’obiettivo atteso di ritorno economico, nonché coerente con le pratiche commerciali di settore.

Ai fini della deducibilità dei costi, le spese di rappresentanza sono commisurate all’ammontare dei ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa, risultanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui le stesse sono sostenute, in misura pari:

  • all’1,5% dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni;
  • allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 10 milioni e fino a 50 milioni;
  • allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 50 milioni.

Le spese di rappresentanza il cui valore unitario è inferiore a 50 euro sono, invece, interamente deducibili. Quanto all’Iva, è indetraibile quando è assolta sulle spese di rappresentanza, come definite ai fini delle imposte sul reddito, salvo quelle sostenute per l’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 50 euro.

“Non conoscere quest’altro aspetto dei buoni acquisto, così come tutte le altre regole del gioco”, precisa Allievi, “vuol dire perdersi opportunità di pianificazione importanti. Una volta che si è consapevoli di tutti gli strumenti esistenti si decide quali sono quelli più adatti alla propria impresa perché sono gli imprenditori e professionisti che vivono l’azienda tutti i giorni a poter decidere cosa applicare e cosa no. Il commercialista poi darà una mano a vedere qual è l’applicazione più adatta, ma la consapevolezza nel 2023 è fondamentale”. 

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