Welfare aziendale
8 Set 2022
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Fringe benefit auto aziendale: vantaggi e tassazione per dipendenti e azienda

L'auto aziendale a uso promiscuo è un fringe benefit molto apprezzato dai dipendenti. Ma come funziona l'uso promiscuo e quali sono le nuove soglie per la tassazione? Le risposte nell'articolo.
Autore
Studio tributario e-IUS – Tax&Legal
fringe benefit auto 2021

Nell’ambito delle realtà produttive del nostro Paese, si assiste frequentemente all’attribuzione ai dipendenti, da parte dei datori di lavoro, di auto aziendali. Prima di addentrarci nell’analisi del trattamento fiscale di tale attribuzione, è importante precisare che il datore di lavoro può mettere a disposizione dei propri dipendenti l’auto aziendale a vario titolo, cui è direttamente legato un diverso utilizzo.

Il datore di lavoro può attribuire al dipendente l’auto aziendale come fringe benefit e, quindi, da considerarsi come un “compenso in natura”. Ciò che accade nella maggior parte dei casi è, in particolare, l’assegnazione del benefit in questione per un uso promiscuo.

L’auto aziendale viene concessa al dipendente sia per portare avanti la propria attività lavorativa sia che per uso personale, ossia per esigenze legate alla vita privata. Ed è indifferente quanta parte dell’utilizzo complessivo sia riferibile all’uso aziendale o all’uso privato.

È invece diversa l’ipotesi in cui l’auto aziendale sia attribuita al dipendente per un uso limitato all’attività lavorativa. In questo caso, non costituisce un’utilità erogata in favore del dipendente, bensì un bene strumentale utilizzabile da quest’ultimo esclusivamente per l’adempimento della propria prestazione lavorativa e attribuito, dunque, per un interesse esclusivo del datore di lavoro.

Vediamo di capire meglio come funziona il fringe benefit legato all’uso aziendale e qual è il trattamento fiscale per i dipendenti.

Auto aziendale assegnata in uso promiscuo e fringe benefit

Come funziona il fringe benefit auto aziendale? L’auto aziendale attribuita al dipendente a uso promiscuo rappresenta, come dicevamo, un fringe benefit, e rappresenta quindi una forma di retribuzione in natura erogata al dipendente stesso.

Per determinare il valore dell’autovettura da assoggettare a tassazione, il Legislatore ha, tuttavia, previsto uno specifico criterio.

In particolare, il compenso in natura deve essere valorizzato, per il dipendente, utilizzando il criterio forfetario indicato nell’art. 51, c. 4, lett. a), TUIR e basato sui costi chilometrici desumibili dalle tabelle nazionali dell’ACI (pubblicate in Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre di ogni anno). 

Per capire meglio “come funziona”, occorre, innanzitutto, capire cosa si intenda per auto aziendale concessa “in uso promiscuo”. Si tratta di un auto che, come accennavamo, viene usata dal dipendente sia per motivi di lavoro (come per esempio andare dai clienti o da fornitori) sia per motivi privati e al di fuori dell’orario lavorativo.

Ciò è confermato anche dall’Amministrazione finanziaria, secondo cui l’uso promiscuo ricorre per i mezzi di trasporto che il datore di lavoro assegni a uno specifico dipendente per portare avanti l’attività di lavoro e per i quali egli abbia consentito anche l’uso personale da parte del dipendente stesso, per esempio per recarsi al lavoro (come precisato dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E/1997).

Inoltre, secondo quanto disposto dall’art. 51, comma 4, lett. a) del TUIR, la concessione dell’auto aziendale a uso promiscuo non può derivare da un atto unilaterale del datore di lavoro, ma da un accordo tra quest’ultimo e il dipendente beneficiario.

Devono, quindi, essere concordate tramite apposito contratto le condizioni per l’utilizzo dell’auto. Tali condizioni possono regolare, per esempio, le ipotesi di incidente, le riparazioni, il pagamento di multe, il rifornimento, le spese di parcheggio, ecc… (come precisato dalla Risoluzione n. 46/E/2020).

Il contratto può inoltre, “servire” per soddisfare l’esigenza di documentare l’uso del veicolo aziendale per motivi personali oltre che di lavoro (come precisato dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 48/E/1998).

Cosa cambia con le nuove soglie e trattamento fiscale del dipendente

In deroga al criterio generale del valore normale (art. 9 TUIR), l’importo da assoggettare ad imposizione per l’utilizzo promiscuo degli autoveicoli assegnati ai dipendenti è determinato forfettariamente su base annua.

L’art. 51, comma 4, lett. a), TUIR è stato recentemente modificato dalla Legge di bilancio del 2020 (Legge 27 dicembre 2019, n. 160, art. 1, commi 632-633).

Prima delle modifiche, la determinazione del maggior reddito maturato del dipendente derivante dalla concessione dell’auto aziendale in uso promiscuo veniva determinato forfetariamente per un ammontare pari al 30% dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000 km, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali dell’ACI, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente. Tale modalità di calcolo continua a trovare applicazione per tutti i contratti d’assegnazione stipulati fino al 30 giugno 2020.

La Legge di bilancio ha rimodulato e graduato la tassazione forfetaria dei veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti. Oggi sono previste diverse percentuali di moltiplicazione, in funzione delle emissioni di anidride carbonica dei veicoli stessi.

Per effetto della modifica normativa, il valore che concorre a formare il reddito di lavoro dipendente viene calcolato applicando al costo chilometrico di esercizio, desumibile dalle tabelle nazionali dell’ACI, corrispondenti a una percorrenza convenzionale annua di 15.000 km, una percentuale che varia in base alla quantità di Co2 emessa dal veicolo e pari al:

  • 25% per i veicoli aventi un’emissione di Co2 non superiori a 60 gr/km (prevalentemente veicoli ibridi o elettrici);
  • 30% per i veicoli aventi un’emissione di Co2 superiori a 60 gr/km ma non a 160;
  • 50% (40% per il solo 2020) per i veicoli aventi un’emissione di Co2 superiori a 160 gr/km ma non a 190;
  • 60% (50% per il solo 2020) per i veicoli aventi un’emissione di Co2 superiori a 190 gr/km.

Il Legislatore ha, dunque, previsto, ai fini dell’imponibilità, un valore forfetario del benefit più basso per i veicoli meno inquinanti, aumentando gradatamente la base imponibile del valore dei veicoli con emissioni di anidride carbonica superiori ai 160 gr/km.

 
 

Il regime di determinazione forfetaria dell’auto aziendale concessa in uso promiscuo impone di prescindere da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente.

È del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI, dovendosi comunque fare riferimento, ai fini della determinazione dell’importo da assumere a tassazione, al totale costo di percorrenza esposto nelle tabelle (come previsto dalla Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E/1997).
Queste comprendono già i costi connessi all’utilizzo dell’auto ed eventualmente sostenuti dal dipendente come la tassa automobilistica, il carburante, le riparazioni e manutenzioni, etc.

Come accennato, la nuova disciplina si riferisce solo ai contratti per la concessione di auto aziendali in uso promiscuo stipulati a decorrere dal 1° luglio 2020 e aventi ad oggetto autovetture immatricolate dalla stessa data; il metodo di calcolo preesistente, invece, continua ad applicarsi ai contratti stipulati fino al 30 giugno 2020.

Per quanto riguarda il criterio di determinazione da applicare nel caso di contratti stipulati dal 1° luglio 2020 ma aventi ad oggetto autoveicoli di vecchia immatricolazione, l’Amministrazione finanziaria (con la Risoluzione n. 40/E/2020) ha affermato che non trova applicazione né il previgente criterio di determinazione forfetario, né quello nuovo.

In particolare, in base a un principio esposto in un precedente documento di prassi (Risoluzione n. 74/E/2017), l’Amministrazione ha osservato che, se non è normativamente indicato un criterio forfetario per la valorizzazione di un benefit, i costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi documentalmente accertabili, al fine di evitare che l’intero valore normale di esso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Pertanto, nel caso di concessione in uso promiscuo, dopo il 1° luglio 2020, di un’auto immatricolata prima di tale data, ai fini della tassazione in capo al dipendente, l’auto dovrà essere fiscalmente valorizzata per la sola parte riferibile all’uso privato, scorporando, quindi, dal suo valore normale, l’utilizzo nell’interesse del datore di lavoro.

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Trattamento fiscale per il datore di lavoro

Ci sono, poi, delle specifiche regole previste per il trattamento fiscale in capo al datore di lavoro.
Per quanto riguarda le imposte dirette, è prevista la deducibilità nella misura del 70% dei costi per le auto aziendali concesse in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta (art. 164, comma 1, lett. b-bis, TUIR).

Dunque, se l’autovettura è assegnata al dipendente per la maggior parte del periodo di impost ed è funzionale all’espletamento delle mansioni demandate al dipendente e non c’è un utilizzo occasionale della stessa – ossia per un lasso temporale non inferiore a 183 giorni -, il datore di lavoro può dedurre il relativo costo (ad esempio quote di ammortamento, canoni di leasing, etc.) in misura pari al 70%.

Tale limite si applica non solo sia al costo di acquisizione del veicolo, ma anche alle spese di impiego eventualmente sostenute dal datore di lavoro – ad esempio, il carburante – le quali seguono la regola di deducibilità del veicolo a cui si riferiscono.

Ai fini IVA, l’imposta assolta per l’acquisto di autovetture concesse gratuitamente in uso promiscuo al personale dipendente è detraibile dal datore di lavoro nella misura del 40% (art. 19-bis1, comma 1, lett. c) e d), D.P.R. n. 633/72).

Il divieto di detrazione integrale dell’imposta sugli acquisti discende dalla circostanza per cui la successiva messa a disposizione dell’auto al dipendente a titolo gratuito costituisce un’operazione esclusa dal campo di applicazione IVA. In altre parole, la concessione in uso di un veicolo, per la quale il dipendente non effettua il pagamento di alcun corrispettivo, non può essere qualificata come prestazione di servizi a titolo oneroso, cioè come operazione rilevante ai fini IVA, ai sensi dell’art. 3 D.P.R. n. 633/1972 (cfr. Risp. n. 631 del 2020).

Invece, come affermato in più occasioni dall’Amministrazione finanziaria (Risoluzione n. 6/DPF/2008 e Risposta n. 631 del 2020), è possibile fruire della detrazione integrale dell’imposta, invece di quella forfetizzata, nell’ipotesi in cui l’auto aziendale sia concessa in uso promiscuo al dipendente a titolo oneroso, ossia dietro pagamento di un corrispettivo per l’uso privato del veicolo. Significa che lìuso della vettura è inerente integralmente all’attività del datore di lavoro, considerando la configurabilità di una prestazione di servizi resa da quest’ultimo in favore del proprio dipendente dietro corrispettivo (art. 3 D.P.R. n. 633/1972).

L’imponibilità di tale operazione e il suo carattere inerente consentono al datore di lavoro l’integrale detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto dell’auto aziendale concessa in uso promiscuo.

Può essere prevista l'assegnazione dell’auto a uso esclusivamente personale?

Sì, l’autovettura potrebbe essere attribuita esclusivamente per l’uso personale o familiare del dipendente, ad esempio, solo per recarsi al lavoro o per i giorni non lavorativi.  Questa soluzione, che di fatto si realizza poco spesso, rimarrebbe esclusa dal campo applicativo dell’art. 51, comma 4, lett. a), TUIR, disposizione speciale riferita soltanto alle auto aziendali concesse in uso promiscuo.

Ciò comporterebbe una piena imponibilità del bene, la cui determinazione in denaro verrebbe effettuata sulla base del valore normale (art. 9, TUIR), nel rispetto del principio generale di cui all’art. 51, comma 3, TUIR.

Auto elettriche aziendali e altre novità

Le modifiche apportate al trattamento fiscale delle auto aziendali concesse in uso promiscuo ai dipendenti si collocano nell’ambito degli interventi normativi per incentivare il ricorso alla green economy e a forme di mobilità sostenibile da parte di datori e prestatori di lavoro.

La nuova disciplina di calcolo, di cui all’art. 51, comma 4, lett. a), TUIR, prevista per la tassazione del fringe benefit in capo al dipendente, è stata legata dal Legislatore alle emissioni di Co2 del veicolo. Il che evidenzia sia la volontà di penalizzare l’assegnazione di auto inquinanti che di premiare le assegnazioni di auto “ecologiche”.
Difatti, per le autovetture meno inquinanti costituiti, essenzialmente, dai modelli elettrici o ibridi, viene previsto il beneficio fiscale di maggior favore, con una percentuale di moltiplicazione limitata al 25%, inferiore anche rispetto alla disciplina previgente.

La spinta verso la sostenibilità è confermata anche dagli ulteriori incentivi fiscali introdotti in ambito “green”, fruibili dal datore di lavoro che scelga di dotarsi di una flotta di auto aziendali ecologicamente sostenibili. Come per esempio la detrazione per le spese relative all’acquisto e alla posa in opera delle colonnine di ricarica elettrica, introdotto dal Ministero della Transizione Ecologica del 25 agosto 2021. Questa  agevolazione consentirebbe ai datori di lavoro che optino per veicoli aziendali green di risparmiare sui costi del carburante e delle stesse ricariche.

In tale direzione va anche l’ecotassa sull’acquisto di veicoli ad alta emissione di CO2 (maggiore di 190 g/km), introdotta con la Legge di Bilancio 2019 (Legge 30 dicembre 2018, n. 145) e prorogata fino al 2021, e lo speculare contributo per l’acquisto di un nuovo veicolo a bassa emissione di CO2 (fino a 60 g/km), previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 aprile 2022.

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