Welfare aziendale
24 Mag 2024
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Welfare aziendale 2024: cosa aspettarci tra novità e agevolazioni

L’ultimo anno ha previsto importanti cambiamenti per il welfare aziendale. Vediamo le principali novità introdotte e cosa accadrà nel 2024.
Autore
Redazione
welfare aziendale 2023 sfide

Il welfare aziendale nel 2024 confermerà il suo grande valore sociale in Italia? Dopo i numerosi provvedimenti legislativi in materia di fringe benefit, questo strumento è sempre più apprezzato dai dipendenti e viene introdotto in particolare tramite flexible benefit, da un numero crescente di aziende.
Cosa dobbiamo aspettarci nel corso di quest’anno?

Novità sul welfare aziendale per imprese e dipendenti nel 2024

In materia di fringe benefit, la legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di Bilancio 2024) ha apportato rilevanti novità.
L’art. 1, comma 16 ha previsto, per l’anno fiscale in corso, l’innalzamento della soglia di defiscalizzazione relativa ai fringe benefit: fino a 1000 euro per tutti i lavoratori dipendenti e fino a 2000 euro per chi ha figli a carico (compresi quelli nati fuori dal matrimonio e riconosciuti, i figli adottivi e affidati secondo le condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del TUIR).

I dati dell’Osservatorio Welfare 2024, promosso da Edenred Italia, mostrano come questi benefit siano molto apprezzati dai lavoratori. In riferimento alla composizione della spesa in welfare, infatti, nel 2023 prevalgono proprio i fringe benefit, con il 31,8% del totale, seguiti dall’Area Ricreativa (29,5%).

La sintesi dell’anno è stata:

  • un terzo di fringe benefit
  • un terzo di vacanze 
  • un terzo di sociale.

I primi risultano più diffusi nella fascia d’età entro i 30 anni, nella quale pesano per il 40%, percentuale che tende a decrescere con l’avanzare dell’età dei beneficiari.

La Legge di Bilancio 2024 conferma, inoltre, la riduzione dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali al 5% (oltre a circa il 9% di contributi) sui premi di risultato.

Queste misure rappresentano un vero e proprio riconoscimento del valore sociale del welfare aziendale e hanno contribuito ad aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori, garantendo un importante supporto economico.

Queste misure hanno rappresentato un vero e proprio riconoscimento del valore sociale del welfare aziendale e hanno contribuito ad aumentare il potere di acquisto dei lavoratori.

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Cosa può fare il welfare aziendale nel 2024 per i dipendenti e per le aziende

In futuro per renderne il ruolo sociale ancora più efficace sarà utile giungere a un allargamento di beni e servizi a supporto della conciliazione vita-lavoro, della genitorialità e della salute.

Del resto, a trarre beneficio dalle iniziative di welfare sono sia le aziende che i lavoratori: le prime, infatti, possono beneficiare di un abbattimento del costo del lavoro dal 30% al 40% rispetto agli importi lordi erogati in busta paga ai propri dipendenti. E, in più, hanno a disposizione un potente strumento per motivare il personale, migliorare la brand identity e la reputazione aziendale.

I lavoratori, dal canto loro, possono disporre del 100% del valore del credito, senza alcuna tassazione, con un incremento significativo del loro potere d’acquisto e la possibilità di garantire un maggior numero di beni e servizi alle loro famiglie.

Strutturare un buon piano welfare crea la possibilità per le aziende di riuscire ad avvicinarsi ai propri collaboratori, andando incontro alle loro esigenze e aiutandoli a conciliare vita privata e lavorativa, nell’ottica del cosiddetto work-life balance. Il welfare aziendale ha l’obiettivo principale di aumentare l’engagement del dipendente, il quale percepisce, in questo modo, di essere compreso e ascoltato e questo comporta lavoratori più soddisfatti e produttivi. 

Tra i benefit aziendali pensati per andare incontro alle esigenze dei dipendenti si possono trovare benefit i buoni pasto e i buoni acquisto per la spesa, lo shopping e il carburante, servizi per istruzione, sanità, viaggi, sport, cultura, ecc. Oltre a questo, si possono citare anche iniziative di welfare sul fronte della mobilità sostenibile, a supporto della parità di genere in azienda, il maggiordomo aziendale, lo Sportello Genitori per la fase di adolescenza e servizi di People Care per dare supporto e fornire una risposta alla crescita dei bisogni e di cura e assistenza delle persone.

Oggigiorno, dipendenti e candidati scelgono se restare in un’azienda o valutare una nuova posizione anche in base alla presenza di questa forma di lavoro, perché il riuscire a bilanciare vita privata e lavorativa risulta essere un elemento prioritario anche rispetto allo stipendio offerto.

Un fenomeno che è stato rilevante negli ultimi anni è la cosiddetta Great Resignation le dimissioni di massa che si sono susseguite a partire dal 2021 in America e che hanno coinvolto anche il nostro Paese. 

 
 

La Great Resignation dipende, secondo le ricerche, da una percezione, da parte dei dipendenti, di lavorare per aziende che non adottano misure per andare incontro alle loro esigenze sulle modalità e i tempi di lavoro.

Tra Great Resignation e Quiet Quitting: il ruolo del welfare

Da un’analisi condotta da McKinsey emerge un profondo gap tra le reali motivazioni che spingono le persone a cambiare lavoro e quelle ipotizzate dai loro datori di lavoro. Chi sceglie di abbandonare il posto in cui lavora lo fa principalmente perché percepisce di non essere apprezzato dalla sua organizzazione (54%), di non essere apprezzato dal proprio manager (52%) e non sente un senso di appartenenza (51%). I datori di lavoro, invece, pensano che i licenziamenti siano causati unicamente dalla bassa retribuzione e dallo scarso equilibrio tra lavoro e vita privata. 

Il tema delle Great Resignation ha coinvolto anche il nostro Paese e dall’Osservatorio HR Innovation Practice 2024 del Politecnico di Milano, che analizza le sfide nel mondo del lavoro per la Direzione HR, emerge come solo il 9% degli intervistati dichiari di sentirsi bene nelle tre dimensioni del benessere: fisico, psicologico e relazionale.

Tra i dipendenti è ancora diffusa la volontà di cambiare lavoro e il fenomeno delle Grandi Dimissioni riguarda il 42% del campione: tra questi c’è chi ha già lasciato la propria occupazione, ma anche chi desidera farlo a breve.
Il numero dipende principalmente dal fatto che le aziende non riescano a rispondere ai bisogni e alle aspettative delle persone e questo porta a una diminuzione della talent attraction: l’88% delle imprese, infatti, non riesce a trovare personale.

Un altro fenomeno molto attuale è il Quiet Quitting: si tratta di un comportamento lavorativo che consiste nel fatto che i dipendenti lavorino il minimo indispensabile, portando avanti passivamente le proprie mansioni, senza fornire, tuttavia, un reale contributo all’azienda ed evitando gli straordinari.

Le cause scatenanti sarebbero da ricercare in un profondo senso di insoddisfazione e in una perdita di ambizione che caratterizzano questi lavoratori, i quali percepiscono di non avere stimoli per impegnarsi e crescere. Tuttavia, le motivazioni alla base del Quiet Quitting si possono ritrovare anche nell’incapacità delle aziende di creare dei luoghi di lavoro stimolanti, non riuscendo a valorizzare i propri dipendenti e non costruendo con loro un rapporto di fiducia.

Dall’analisi a cura di BVA Doxa per l’Osservatorio Welfare 2024 di Edenred (condotta attraverso 1.508 interviste) emergono dei dati rilevanti: il 57% degli intervistati ha dichiarato di conoscere il tema del Quiet Quitting, il 13% afferma che si tratta della condizione in cui si trova attualmente e il 28% riscontra questo atteggiamento in alcuni colleghi.

Tra le principali cause troviamo quella relativa agli stipendi che non crescono, che si lega al fatto che i lavoratori non vogliano essere “sfruttati”(49%). Inoltre, le persone hanno bisogno di premi e incentivi per sentirsi apprezzati e motivati (44%). Infine, il 42% ritiene che i dipendenti non siano disposti a dedicare tutta la propria vita al lavoro.

Le persone desiderano, indubbiamente, dare priorità alla propria sfera personale: in particolar modo, per le nuove generazioni l’aspetto economico passa in secondo piano rispetto al riuscire ad ottenere un maggior equilibrio tra sfera privata e lavorativa. Sempre secondo l’Osservatorio Welfare 2024 di Edenred, infatti, la Generazione Z è quella meno attenta alla voce retribuzione (15%) e più a quella dell’assunzione di responsabilità (17%).

Oggi è sempre più difficile riuscire ad attrarre e trattenere talenti. Secondo una ricerca del 2023 di Deloitte “Il Cittadino Consapevole: comportamenti virtuosi in azienda per raggiungere un successo sostenibile” ben il 47% degli italiani sceglie di lavorare per aziende che garantiscono un equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Per questo motivo, i dipendenti devono essere sempre più al centro delle strategie aziendali, con l’obiettivo di delineare una prospettiva per coinvolgere le persone. Per garantire il wellbeing aziendale le imprese sono chiamate ad adottare delle strategie utili a prendersi cura delle persone, aumentando l’engagement e supportando i dipendenti, ad esempio con piani di welfare aziendale, per permettere un accesso a benefit utili alla vita di tutti i giorni.

Creare politiche di welfare che possano tutelare il lavoratore e aiutarlo a raggiungere i propri obiettivi professionali, mantenendo un work-life balance, consente di: ridurre il turnover, contenere il costo del lavoro, far crescere la brand reputation, attrarre nuovi clienti, raggiungere risultati finanziari e una maggiore sostenibilità.
Il rispetto di questi elementi fa in modo che i dipendenti possano sentirsi maggiormente coinvolti nel proprio ambiente lavorativo, riuscendo a costruire un senso di appartenenza, avendo più motivazione e migliorando la propria performance. 

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