Che il buono pasto sia la soluzione ideale per le aziende, così come per i liberi professionisti e le famiglie, è un concetto nel 2024 ormai assodato. Così come lo è il fatto che abbia sempre più sostituito il servizio mensa e si sia trasformato in un importante strumento di welfare dando numerosi vantaggi sia alle aziende stesse che ai lavoratori.
Ma a proposito di questi, a chi spettano i buoni pasto? Ne hanno tutti diritto o no? Sono obbligatori?
Scopriamo chi sono gli effettivi destinatari secondo la normativa che regola i buoni pasto per il pranzo.
Indice dei contenuti:
A chi spettano i buoni pasto
Se sei un datore di lavoro, sia imprenditore che libero professionista, puoi decidere di attribuire i buoni pasto a tutti o a categorie omogenee di dipendenti, e questo sia che lavorino full time, part-time, a tempo indeterminato o determinato. Vale lo stesso anche per chi fa i turni, ossia i cosiddetti turnisti.
La normativa che regola i buoni pasto come Ticket Restaurant®, vale a dire il Decreto Ministeriale 7 giugno 2017, n. 122, all’articolo 4 stabilisce, infatti, che tale benefit può essere riconosciuto ai lavoratori titolari di un rapporto di lavoro subordinato. Così come a coloro che hanno instaurato un rapporto di collaborazione, non necessariamente subordinato, con il soggetto che corrisponde i buoni pasto.
In base al regime agevolativo previsto (art. 51, comma 2, lett. c), TUIR), i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente o assimilato, fino all’importo complessivo giornaliero di 4 euro, per il formato cartaceo aumentato a 8 euro nel caso in cui gli stessi siano resi in forma digitale, se riconosciuti alla generalità o a categorie omogenee di lavoratori (cfr. Circ. Min. n. 326/E/1997).
Il datore di lavoro, dal canto suo, può scegliere se assegnare i buoni pasto cartacei o i buoni pasto digitali.
I buoni pasto sono obbligatori?
I buoni pasto sono obbligatori? La risposta a questa domanda è no: il fatto che tutti i lavoratori e lavoratrici possano avere diritto ai buoni pasto, non ne garantisce l’obbligo da parte dei datori di lavoro che non è quindi tenuto a erogarli.
La questione è invece differente in questi 2 casi:
- quando i buoni pasto sono previsti dal CCNL applicato
- quando i buoni pasto sono previsti dalla contrattazione collettiva.
Solo così corre l’obbligo da parte del datore di lavoro di dare i buoni pasto ai dipendenti: negli altri casi si tratta di un benefit che l’imprenditore o il professionista con partita IVA riconosce a dipendenti e collaboratori.
Questo per ovviare alla mancanza di una mensa aziendale – a sua volta non obbligatoria – ma anche per fornire un benefit che aumenti il potere d’acquisto delle persone e le supporti durante la pausa pranzo.
Buoni pasto per stage e apprendistato
E cosa succede con i lavoratori in stage o con contratti di apprendistato? Anche in questi casi, i buoni pasto Ticket Restaurant® rappresentano un sostegno flessibile e valido per il lavoratore.
Molte aziende, infatti, quando promuovono le loro offerte di tirocinio tendono a comunicare che, oltre al rimborso spese, sono previsti anche i buoni pasto. Lo stesso è per l’apprendistato, una tipologia di contratto completamente diversa ma sempre rivolta a chi è più giovane, ossia agli under 30.
In questo caso, l’apprendistato costituisce un contratto di lavoro subordinato finalizzato alla formazione e all’occupazione giovanile, disciplinato dal Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Laddove il datore di lavoro decidesse di attribuire anche agli apprendisti i buoni pasto Ticket Restaurant®, questi ultimi non concorrerebbero alla formazione del reddito di lavoro dipendente dell’apprendista.
Buoni pasto durante un tirocinio
Per quanto riguarda i buoni pasto durante il tirocinio, le somme corrisposte a titolo di indennità per qualunque forma di tirocinio formativo (ad esempio, sia curriculare che extracurriculare), costituiscono redditi assimilati a lavoro dipendente, (art. 50, comma 1, lett. c), TUIR, cfr. Circ. n. 326/1997).
Il tirocinante, quindi, titolare di questa categoria di reddito, può essere destinatario dei buoni pasto attribuiti dal formatore e godere del regime agevolato previsto dall’art. 51, comma 2, lett. c), TUIR (cfr. Principio di diritto n. 6/2019).
Anche i lavoratori part-time hanno diritto ai buoni pasto
Il buono pasto si conferma, quindi, un benefit molto versatile e lo è ancor di più per chi nuove i primi passi nel mondo del lavoro: si tratta spesso di persone che, prese come sono dalla voglia di apprendere e di dimostrare il loro valore, possono trascurare l’importanza di una pausa pranzo come si deve.
Inoltre, il buono pasto aumenta il potere d’acquisto delle persone rendendo così, dal punto di vista dell’employer branding, un’azienda più attrattiva.
Tra i dipendenti che hanno diritto ai buoni pasto, come accennavamo, ci sono anche i lavoratori part-time, ma serve fare alcune precisazioni.
L’assegnazione dei buoni pasto è, difatti, svincolata dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e dall’articolazione dell’orario di lavoro. Non rileva, quindi, che il lavoratore, come il lavoratore part-time, sia titolare di un contratto che non preveda la pausa pranzo, in quanto i buoni pasto possono essere assegnati anche ai lavoratori per i quali la pausa pranzo non sia prevista e possono essere spesi anche al di fuori della stessa, continuando a beneficiare del trattamento fiscale di favore previsto dall’articolo 51, comma 2 lettera c del Tuir. Pertanto i buoni pasto non concorrono al reddito.
Questi principi sono stati affermati dalla prassi con la Risoluzione del 30/10/2006 n. 118, e confermati di recente dall’Agenzia delle Entrate con la risposta all’istanza di interpello n. 123/2021.
Vuoi saperne di più sull’assegnazione dei buoni pasto? Prenota una consulenza gratuita.
Buoni pasto per dipendenti pubblici
Per quanto riguarda i buoni pasto per i dipendenti pubblici, il tema è sicuramente da trattare a parte. Occorre, anzitutto, fare riferimento al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del Comparto Funzioni locali, sottoscritto il 16 novembre 2022 dall’Aran e dalle organizzazioni sindacali.
L’art. 35 del CCNL prevede espressamente che gli enti, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire un servizio di mensa o, in alternativa, attribuire al personale buoni pasto sostitutivi, previo confronto con le organizzazioni sindacali.
Secondo quanto previsto dal contratto collettivo, a usufruire dei buoni pasto possono essere quei dipendenti pubblici che:
- svolgono la loro attività lavorativa al mattino e proseguono nelle ore pomeridiane;
- iniziano il lavoro il pomeriggio e proseguono nelle ore serali;
- iniziano nelle ore serali e proseguono la notte con una pausa non inferiore a 30 minuti.
Chi si trova, dunque, in una di queste tre situazioni, ha diritto a un buono pasto al giorno per consumare un pasto al di fuori dell’orario di servizio.
Il servizio di mensa, o il buono pasto sostitutivo, è riconosciuto, inoltre, indipendentemente dalla durata della giornata lavorativa, per il personale che contestualmente è tenuto ad assicurare la vigilanza e l’assistenza ai minori ed alle persone non autosufficienti, per il personale degli enti che gestiscono le mense, nonché quelli per il diritto allo studio universitario, che sia tenuto a consumare il pasto in orari particolari e disagiati in relazione all’erogazione dei servizi di mensa. Il tempo relativo è valido a tutti gli effetti anche per il completamento dell’orario di servizio.
Il valore del buono pasto da attribuire al personale delle amministrazioni pubbliche è, di regola, pari alla somma che l’ente sarebbe tenuto a pagare per ogni pasto, ai sensi del comma 4, fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni di legge, quale quella attualmente vigente di cui al D.L. 95/2012, pertanto fissato in 7 euro.
In ogni caso, si esclude ogni forma di monetizzazione indennizzante.
Questo è quanto deciso in sede di rinnovo del CCNL del Comparto Funzioni locali nel novembre 2022. La Corte di Cassazione si è, sempre nello stesso anno, espressa in merito al tema del diritto ai buoni pasto esaminando il ricorso di alcuni dipendenti pubblici. Dipendenti ai quali la Corte di appello territoriale aveva negato i buoni pasto sul presupposto che gli interessati non avessero mai richiesto la fruizione del servizio mensa al di fuori dell’orario di lavoro, con interruzione del turno per la pausa pranzo e il prolungamento dello stesso per una durata pari all’operata interruzione, e della non monetizzabilità del pasto.
Con la sentenza n. 32113 del 2022, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei pubblici dipendenti e ha affermato che, in tema di pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale, è diretta a conciliare, nell’ambito dell’organizzazione dell’ambiente di lavoro, le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantire il benessere psico-fisico necessario per proseguire l’attività lavorativa, quando l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio.
Rifacendosi a precedenti orientamenti (Cass. n. 5547 del 2021 e Cass. n. 15629 del 2021), la Suprema Corte ha ricordato che l’attribuzione del buono pasto quindi “è condizionata all’effettuazione di una pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno 6 ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato”.
Le modalità e la durata della pausa pranzo sono, poi, stabilite dai CC.CC.NN.LL. (come ricordiamo nel nostro articolo sulla pausa pranzo obbligatoria). Inoltre, qualora non sia così, la pausa pranzo deve avere una durata non inferiore a dieci minuti e la sua collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.
Pertanto, non rileva, ai fini dell’attribuzione dei buoni pasto, la circostanza che i lavoratori non avessero mai richiesto la fruizione del servizio mensa fuori dell’orario di lavoro.
Buoni pasto per dipendenti pubblici: la differenza tra lavoro da remoto e lavoro agile
E cosa succede se i dipendenti pubblici lavorano in modalità agile o da remoto? Adottando un orientamento difforme a quello sopra menzionato, fatto proprio dall’Agenzia delle Entrate con riferimento ai dipendenti del settore privato, l’Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) sostiene che i dipendenti pubblici che lavorano secondo un regime di lavoro agile non possono ricevere i buoni pasto (nota di orientamento applicativo CFL204).
Secondo l’Aran, il “lavoro agile” costituisce una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, disciplinata da ciascun Ente con proprio Regolamento ed accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro. Il “lavoro da remoto” costituisce, invece, una modalità di esecuzione con un vincolo di luogo e di tempo.
Sulla base di questa importante differenza, l’Aran ritiene che i buoni pasto siano riconoscibili al lavoratore solamente nel caso svolga la prestazione da remoto.
L’assenza di luoghi e di orari, propria del lavoro agile, infatti, si considera inconciliabile con la fruizione dei buoni pasto, che presuppongono il consumo del pasto nella pausa tra intervalli di lavoro prestabiliti e in luoghi lontani dall’abitazione personale.
Buoni pasto e smart working
Proprio in merito ai buoni pasto durante lo smart working, c’è da dire che in un periodo molto particolare come quello che stiamo vivendo, garantire questo fringe benefit ai dipendenti, come se fossero in ufficio, è molto importante.
Questo perché come azienda dai un sostegno alle famiglie in difficoltà, aumenti il loro potere d’acquisto e mostri in modo tangibile e concreto quanto il benessere dei dipendenti e tutte le azioni di welfare aziendale siano per te prioritarie.
Con la già citata risposta all’istanza di interpello n. 123/2021, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di sostenere che il buono pasto può essere corrisposto dal datore di lavoro a tutti i dipendenti e a prescindere dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Questo sia che il lavoro avvenga in presenza o in smart working, e che lo stesso sconterà sempre il regime di parziale esenzione fiscale ai fini IRPEF (4 euro in forma cartacea, 8 euro in forma digitale).
Pertanto, la circostanza che l’assegnazione dei buoni pasto sia svincolata dall’articolazione dell’orario di lavoro permette di includere tra i beneficiari dei buoni pasto medesimi anche gli smart worker.
Senza dimenticare, poi, che il buono pasto è uno strumento che porta il lavoratore a uscire da casa (se sta lavorando da lì), a girare il proprio quartiere alla scoperta di bar e ristoranti nelle vicinanze. Con il buono pasto quindi aiuti i lavoratori, ma anche l’economia locale.
Vuoi saperne ancora di più sui buoni pasto? Scarica la guida gratuita a cura dell’avvocato e dott. Commercialista Carlo Alberto Micheli.
Quando non spetta il buono pasto
Fin qui abbiamo detto chi ha diritto ai buoni pasto Ticket Restaurant®, ma quando invece non sono previsti?
Come sopra accennato, un servizio sostitutivo di mensa reso mediante buoni pasto costituisce una modalità attraverso cui il datore di lavoro, in assenza di una mensa aziendale, può erogare a dipendenti e collaboratori una prestazione di vitto.
Tale erogazione, per essere soggetta al regime di parziale esenzione di cui all’art. 51, comma 2, lett. c), TUIR, deve riguardare le giornate lavorative del beneficiario. In altre parole, l’attribuzione dei buoni pasto nei periodi di ferie o di malattia del lavoratore non può considerarsi fiscalmente agevolata.
La necessaria attribuzione di Ticket Restaurant® per ogni giornata lavorata è confermata dal costante orientamento della prassi.
Difatti, secondo l’Agenzia delle Entrate (cfr. Ris. n. 118/E/2006,) la ratio sottesa al regime fiscale di favore previsto per i buoni pasto è ispirata dalla volontà del legislatore di esentare le erogazioni ai dipendenti che si ricollegano alla necessità del datore di lavoro di provvedere alle esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve consumare il pasto.
Inoltre, l’Amministrazione finanziaria, anche quando riconosce il diritto ai buoni pasto in favore degli smart worker, in ragione dell’irrilevanza dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa (Risp. n. 123/2021), presuppone che una tale prestazione sia comunque adempiuta nella giornata in cui il lavoratore beneficia dell’attribuzione esente da imposizione (fino a 4 euro al giorno, nel caso di buono pasto cartaceo, e fino a 8 euro al giorno, nel caso di buono pasto digitale).
Pertanto, non ha diritto al servizio sostitutivo di mensa mediante buono pasto, fiscalmente agevolato ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. c), TUIR, neanche il lavoratore che è in aspettativa o che prende un permesso che dura tutta la giornata (anche nel caso della legge 104 se si usufruisce della giornata di permesso per intero), così come se è in cassa integrazione.
Ovviamente il buono pasto non è previsto per le giornate di sciopero.
Cosa succede se l’azienda vuole comunque corrisponderli al lavoratore? In tal caso i buoni pasto concorrono interamente alla formazione del reddito di lavoro dipendente per il percipiente (art. 51, comma 1, TUIR).
Vuoi saperne di più sui buoni pasto e come aumentano il potere d’acquisto dei tuoi dipendenti?